Cosa ne sarà dei migranti ora che sono sbarcati dalla Sea Watch

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 Annalisa Cretella / Agi

Il centro Marsa che ospita i migranti scesi dalla Sea Watch

Vogliono sentirsi parte della comunità maltese e ce la mettono tutta. I migranti che arrivano su questa isola, studiano le lingue e anche la storia e la cultura del paese. A fornire all’Agi il quadro della complessa situazione dell’accoglienza prima, e dell’integrazione poi, dei migranti, è Neil Falzon, direttore della fondazione Aditus, una ong nata otto anni fa a Malta da un gruppo di avvocati con l’obiettivo di garantire a tutti l’accesso ai diritti umani. “I migranti rifugiati che vengono a Malta vogliono integrarsi – assicura -. Questa é una realtà che posso confermare, perché noi lavoriamo proprio a stretto contatto con le comunità, e quello che tutti ci dicono è che vogliono integrarsi per avere una vita normale e dignitosa. Ci dicono che vorrebbero avere amici maltesi, colleghi, famiglie. Vogliono andare negli stessi caffè, ai giardini e sulla spiaggia come i maltesi”.

Facile certo non è. Ma loro ci provano. “Questo grande desiderio è dimostrato dal fatto che molti migranti fanno i corsi di lingua per imparare non solo l’inglese ma anche il maltese – spiega ancora il direttore di Aditus -. Ce ne sono moltissimi, sono offerti da diverse ong, e da pochi mesi anche dal governo. Questo oltre a offrire i corsi di lingua organizza anche quelli di storia e cultura maltese”. E la risposta dei migranti è forte, ci vanno, “perché capiscono che questo li aiuterà a integrarsi di più con la gente del posto”. L’altro capitolo, è la ricerca di un lavoro. E qui entra in gioco Aditus. “Da noi vengono in centinaia a chiedere aiuto per fare le domande di impiego, per compilare il curriculum. Ma forniamo anche aiuto legale e li accompagniamo in tribunale se serve”.

Ma la strada è ancora lunga

Eppure, andando in giro per Malta, si capisce che la strada per l’integrazione è ancora lunga. Di migranti a La Valletta non se ne vedono molti, anche perché è piuttosto costoso abitarci. Mentre ci sono alcune località dove si sono trasferiti moltissimi migranti, per esempio a Marsa. Con il rischio di creare dei ghetti. “Sull’integrazione il discorso è complesso – commenta Falzon con l’Agi -. Ci sono persone che vivendo qui, dopo qualche anno riescono a stabilire contatti sociali e di lavoro, hanno amici. Ci sono rifugiati che hanno dei negozi. Ma allo stesso modo si deve dire che ci sono anche persone, un gruppo sostanziale che non vengono accettate dai maltesi”.

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Poi molto dipende dalle storie personali di chi arriva a Malta. “Se sono persone che vengono da un paese che è stato in guerra per 10-15 anni, ovviamente hanno più problemi, hanno dei traumi – continua -. Spesso non hanno mai avuto l’opportunità di lavorare o di andare a scuola perché il sistema scolastico da loro non esisteva. Per contro poi, ci sono persone che hanno studiato, hanno certificati che lo dimostrano, hanno fatto l’università, hanno lavorato. Insomma hanno un profilo completamente diverso. Dunque è complicato dire per chi è più facile integrarsi ma certo il paese di provenienza e le esperienze personali sono importanti e fanno la differenza”. 

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