Storia di Carmelo Patti, l’uomo che voleva fare grande l’industria siciliana

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Mimmo Chianura / AGF 

 Un treno carico di Punto lascia lo stabilimento Fiat di Termini Imerese. La Cablelettra di Carmelo Patti riforniva la quasi totalità dei cablaggi della fabbrica

Aveva 27 anni quando Carmelo Patti fallì la prima volta. Lui e suo padre precipitarono nel gorgo dei debiti, tanto da, come scrisse lui stesso al Tribunale di Trapani, non avere nemmeno i soldi per comprare da mangiare.

Di fallimenti, nella sua lunga vita, ne avrebbe collezionati altri, alcuni eclatanti, in un vortice di denaro, proprietà, quote di aziende e conoscenze che ne hanno fatto uno degli uomini più discussi, anche se meno conosciuti, d’Italia. Nonché uno dei più ricchi.

Una confisca record

Si torna a parlare di lui, quasi a tre anni dalla morte, perché finalmente, dopo 6 anni di lungaggini burocratiche, sono stati confiscati agli eredi un miliardo e mezzo di beni. Tanti, penserete, ma non quanti ne aveva quantificato la sezione misure di prevenzione del Tribunale di Trapani che su richiesta della procura antimafia di Palermo aveva fatto i conti in tasta all’uomo d’affari nato a Castelvetrano e aveva raggiunto una cifra più di tre volte superiore: 5 miliardi,  il sequestro di beni più alto della storia.

Sequestro e confisca, per chi non lo ricordasse, sono una cosa ben diversa: il secondo segna il passaggio definitivo dei beni allo Stato. I restanti 3,5 miliardi di euro di beni ai quali erano stati messi i sigilli sono stati nel frattempo venduti nell’ambito delle amministrazioni straordinarie delle sue società.

Passano allo Stato, scrive Repubblica, i beni della vecchia Valtur, oggi in amministrazione straordinaria: tre resort al momento chiusi (Punta Fanfalo, Favignana; Isola Capo Rizzuto, Crotone; Kamarina, Ragusa), il Golf club Castelgandolfo, una imbarcazione in legno di 21 metri, la ‘Valtur Bahia’. E poi ancora 400 ettari di terreni, 232 immobili e 25 società che operano anche nel settore del cablaggio di componenti elettrici per autovetture.

Una storia di grandi fallimenti

Ma il clamore sulla cifra rischia di deviare l’attenzione dal personaggio. Perché quello che è veramente straordinario, nella storia di Carmelo Patti, è la sua ascesa da quel fallimento, nel 1962, ai vertici di una delle più importanti aziende italiane, la ex Valtur, gioiello della corona del turismo nazionale per anni in amministrazione straordinaria e il cui marchio è stato poi rilevato da nuovi soci con nuovi capitali

A ben guardare, questo è forse il più grande successo personale di Patti, che da anni cercava di accollare allo stati la gestione, i costi e gli oneri della ex Valtur. Acquistata nel 1998 per la cifra astronomica di 300 miliardi di lire, ricorda il Corriere, nel 2010 aveva una situazione patrimoniale drammatica: 358 milioni di debiti a fronte di 187 di fatturato.

L’avventura con Valtur

Colpa di acquisizioni a prezzi fuori mercato fatte in Sicilia, errori strategici (a un certo punto viene comprata una nave da crociera) ma anche lacune nella gestione. Il quotidiano stila un lungo elenco di amicizie potenti alle quali Patti si rivolge per liberarsi della Valtur, un po’ come aveva fatto con la Cablelettra, un colosso della produzione di cavi fornitore quasi assoluto della Fiat, con settemila dipendenti sparsi per il mondo: Cina, Brasile, Italia, Polonia e Tunisia.

Dalla creazione, nel 1967, al fallimento di fronte al Tribunale di Vigevano nel 2009, la Cablelettra aveva costituito il fulcro della ricchezza di Patti, come scrive TP24, con un sistema di scatole cinesi poi raccontato dal commissario Federico Sanasi, che parlerà anche di passaggi di denaro, uno dei quali proprio verso la holding che era diventata proprietaria della ex Valtur. Dei 109 milioni versati alla azienda turistica, la Cablelettra ne rivedrà solo 22 e grazie a un accordo.

L’accusa di legami con la mafia

Ma mentre le cronache siciliane parlano di uno scontro aspro con un altro colosso dell’industria locale, le distillerie Bartolino, l’antimafia mette le mani sulle dichiarazioni di Angelo Siino, “ministro dei lavori pubblici di Cosa Nostra” e cognato di Antonina Bertolino, titolare della omonima distilleria di Partinico. Secondo Siino, Patti “aiutava ed era aiutato da Cosa Nostra e Francesco Messina Denaro, padre di Matteo diceva di averlo tra le mani, tanto che Bernardo Provenzano ci scherzava su, dicendogli che lui non aveva problemi a passare le vacanze alla Valtur”. 

Indagato nel  2000 per mafia dalla dda palermitana, dopo la trasmissione degli atti dalla procura di Marsala che lo indagava per falso in bilancio si dimise dalla Gesap, la società che gestisce l’aeroporto Falcone Borsellino. Ma fu accusato, per poi essere assolto, anche di evasione fiscale, fatture false e altri reati tributari, ricorda il Giornale di Sicilia.

Ma di tutto questo, l’unico a non parlare mai sarà proprio Carmelo Patti, morto nel 2016, cinque anni dopo che la creatura che lo aveva reso ricco, la Cablelettra, era finita nelle mani dei giapponesi della Yazaki.

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