Messi, il “padre nobile” dell’Argentina in formato mondiale

AGi – Chissà cosa ha pensato quell’altro. Quello (Ronaldo) che se n’e’ andato dal campo in lacrime dopo aver vissuto per tre quarti in panchina le ultime due partite ai Mondiali della sua carriera. E che ha dovuto assistere al trionfo del suo rivale di sempre. Al quale, invece, nei giorni ormai lontani della sconfitta, nella prima partita qatarina, dell’Argentina contro l’Arabia Saudita, guardava con una certa altezzosità; convinto che l’epoca della Pulce fosse al tramonto mentre la sua, di Cristiano Ronaldo, padrone assoluto del Portogallo, avrebbe vissuto a Doha la sua epifanìa.

Il calcio invece, come la vita, ha più fantasia dei programmi umani. Ed ecco che la Pulce ha fin qui vissuto il miglior Mondiale della sua scintillante carriera; e per contro, Cristiano è davanti alla tv a interrogarsi su quale potrà essere il suo futuro prossimo; e soprattutto se ci sarà un futuro degno di tal nome.

Tutto merito di Messi? O almeno: cosa o chi hanno permesso al 10 argentino di vivere una serata come quella di ieri contro la malcapitata Croazia, da cui è emerso che oggi, con buona pace dei nobili emergenti come Mbappé e degli acrobati brasiliani, il re del calcio mondiale è ancora lui? Il punto sta proprio in cosa, soprattutto durante i Mondiali, Leo è stato diverso rispetto a Cristiano.

Diversa soprattutto la sua scelta principale. Mentre Cristiano, da anni ormai, mal sopporta che il fluire del tempo abbia limitato la sua esplosività e l’essere il terminale offensivo perfetto per ogni organizzazione di gioco, dall’altro Leo si è presentato a questo Mondiale con in testa un altro schema: quello di essere il padre nobile di una squadra con immense potenzialità ma con il gusto dell’autocompiacimento dietro l’angolo.

Invece di chiedere palloni giocabili Leo si è messo nelle condizioni di offrire se stesso e relativi palloni giocabili ai compagni. Riservando per sé solo ed esclusivamente quelle opportunità, come i rigori, che gli appartengono quasi per diritto divino. Ha lasciato, ad esempio, che fosse Alvarez a creare un gol penetrativo ma di pura potenza (annaffiato da una spruzzata di buona sorte), che qualcuno avrebbe potuto accomunare, almeno fino a quel momento della partita, a quello di Maradona agli inglesi nell’86.

Ma dopo ha pensato di volersi giustamente appropriare lui di quello stille facendo fare al difensore forse più forte al mondo, Gvardiol, la figura del dilettante più o meno allo sbaraglio e penetrare lui la difesa croata in stile maradonesco per offrire ancora ad Alvarez la comoda palla per il 3-0.

Se Cristiano ha fatto tre passi avanti a inizio mondiale e quando si e’ girato si e’ accorto di essere solo, Messi ha fatto tre passi indietro e ha lasciato che attorno a lui avanzassero gli altri. Sfottendo Van Gaal e maltrattando Weghorst, l’olandese che aveva avuto l’ardire di segnare due gol all’Albiceleste, ha ribadito (nessuno ha mai affermato che abbia un carattere conciliante) una funzione di leader assoluto riconosciuto pero’ dai compagni; ruolo che Cristiano si era solo illuso di rivestire per i suoi di compagni di squadra.

La domanda oggi è: se l’Argentina dovesse vincere il Mondiale lanciando Messi verso la conquista dei suo ottavo Pallone d’oro, avrà Ronaldo l’opportunità e i mezzi per cambiare il suo ruolo, laddove potrà giocare, e tornare a essere un rivale serio per la leadership calcistica globale? Questa è la storia di domani ed è già una notizia: perche’ prima dei Mondiali in pochi avrebbero pronosticato che ci sarebbe stata una storia del genere. 

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