Storia delle 135 missioni dell’uomo per conquistare la Luna

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XINHUA

Dal 1958, anno del primo lancio, 135 volte l’uomo ha provato ad avvicinarsi alla Luna: non sempre con l’obiettivo di toccare la superficie, certo, né sempre con l’equipaggio a bordo. Anzi, gli uomini che hanno tentato di posare il piede sul satellite terrestre, di lasciare insomma l’impronta del proprio scarpone, sono pochissimi. E finora missioni sulla Luna sono state compiute da un club ristretto di sette paesi: Russia, Usa, Giappone, Cina, Unione Europea, India e Israele.

Solo la Russia, gli Stati Uniti e la Cina hanno percorso il viaggio di 384 mila chilometri e sono atterrati ‘sani e salvi’ sulla Luna. Ma per 12 volte gli astronauti che hanno toccato a superficie lunare erano tutti della Nasa, l’agenzia spaziale statunitense. Il primo tentativo di conquista fu degli Stati Uniti e risale ad agosto 1958, ma per un anno abbondante, fino a settembre del ’59, ogni tentativo fu vano.

Seguirono subito dopo i tentativi dell’Unione Sovietica, desiderosa di affermare la propria superiorità: una gara sì tecnologica, ma soprattutto politica tra le due potenze vincitrici della Seconda Guerra mondiale che si sfidavano in quel lungo conflitto senza armi chiamato Guerra Fredda. Usa e Urss hanno inanellato un incredibile numero di fallimenti durante la corsa alla Luna negli anni ’60 prima di impadronirsi di tutte le tecniche di inserimento in orbita ed allunaggio.

Gli esperimenti sovietici del 1959, a parte la sonda Luna 1 che mancò l’obiettivo di circa 6 mila chilometri finendo in un’orbita tra Marte e Terra, durarono tutti pochi secondi. Quelli statunitensi non andarono molto meglio: certo, i Pioneer viaggiarono più a lungo, ma nessuno arrivò davvero vicino alla Luna. Fu così Mosca la prima a centrare il bersaglio: merito di Luna 2, lanciata il 12 settembre del 1959. La sonda andò a impattare la superficie lunare nel Mare della Serenità.

Il 12 aprile 1961 l’astronauta sovietico Yuri Gargarin fu il primo uomo a viaggiare nell’orbita terrestre, motivo di vanto per il suo Paese. Ogni anno, per questo motivo, il 12 aprile si celebra la Giornata Internazionale dei viaggi dell’uomo nello Spazio. L’anno dopo anche Washington avrebbe impattato sulla Luna, anche se involontariamente: Ranger 4, questo il nome della sonda a stelle e strisce, non era stata programmata per schiantarsi al suolo; era partita con l’intenzione di raccogliere dati e trasmettere foto dello Spazio, ma un problema di alimentazione la fece precipitare.

L’Urss, insomma, ce l’aveva fatta e gli Stati Uniti ancora no: fino a quel momento, invece di puntare a schiantare le proprie sonde sulla Luna, Washington aveva in verità cercato di raggiungere l’orbita e raccogliere informazioni. Ranger 4 aveva allunato, sì, ma in maniera rocambolesca. Per questo motivo, a metà degli anni ’60, l’esigenza era riuscirci nuovamente. Missione compiuta nel ’64, quando la Nasa portò la sua Ranger 7 a impattare la superficie del satellite.

A quel punto, però, Mosca stava già cercando di fare passi in avanti: l’obiettivo era diventato quello di allunare dolcemente, non più di impattare e basta. Ci vollero una dozzina di tentativi, ma alla fine Luna 9 si accomodò sulla superficie senza distruggersi: era il 3 febbraio del 1966. Gli Usa corsero ai ripari, replicando l’esito pochi mesi più tardi. Ma nel frattempo l’Unione Sovietica era già riuscita a far innestare una propria sonda nell’orbita lunare (Luna 10).

Poco più tardi, dal Cosmodromo di Bajkonur, con la sovietica Zond 5 decollarono anche tartarughe, insetti e piante. Quel lancio, che sembrò rivelare l’imminente sbarco dell’uomo, fu in realtà uno degli ultimi successi sovietici: da quel momento in poi lo Spazio fu terreno di conquista degli Stati Uniti. Dopo Apollo 8 e Apollo 10, Apollo 11 è stata la terza missione della Nasa con un uomo a bordo ad avvicinarsi alla Luna: il 20 luglio 1969 Neil A. Armstrong e Edwin A. Aldrin riuscirono a passeggiare sulla sua superficie mentre Michael Collins rimase in orbita attorno alla Luna.

Successivamente con la missione Apollo 12, dal 19 al 24 novembre 1969, Charles Pete Conrad divenne il terzo uomo a camminare sulla superficie lunare, accompagnato dai piloti Alan L. Bean e Richard F. Gordon. Gli altri allunaggi statunitensi risalgono al 5 febbraio 1971 (con Alan B. Shepard, Edgar D. Mitchell e Stuart A. Roosa della Apollo 14), 30 luglio 1971 (con David R. Scott, James B. Irwin e Alfred M. Worden della Apollo 15), 21 aprile 1972 (con John W. Young, Charles M. Duke e Thomas K. Mattingly della Apollo 16).

Infine tra il 7 e il 19 dicembre 1972 la missione Apollo 17 portò il primo scienziato a bordo, Harrison H. Schmitt, pilota del modulo lunare e geologo, con Eugene A. Cernan e Ronald E. Evans, che allunarono l’11 dicembre. Gli allunaggi umani, alla fine, furono sei: dodici gli uomini a posare piede sulla Luna, mai nessun sovietico. Il duopolio Usa-Urss finì nel 1990 con le prime missioni giapponesi: Tokyo, che non è mai riuscita a posare una propria sonda sulla superficie lunare, ha pero’ completato il viaggio intorno all’orbita del satellite.

Non è l’unico Paese, insieme ai due rivali storici, a essersi avvicinato cosi’ tanto all’obiettivo. C’e’ l’Unione europea, che nel 2003 mandò Smart-1 a gravitare attorno alla Luna; c’è l’India che, oltre all’orbita, ha anche colpito la Luna con la sua sonda (disintegrandola) nel 2008. La Cina è stato l’unico altro Paese, oltre agli Usa, capace di posare una sonda sulla Luna senza distruggerla.

Un successo recente: Chang’e 3, è approdata nel 2013, seguita da Chang’e 4 che ha raggiunto il lato invisibile dalla Terra nel dicembre 2018. Infine c’è Israele, con il tentativo recentemente fallito di approdare con delicatezza sulla superficie con la sua sonda Beresheet (che in ebraico significa Genesi) interamente finanziata da privati e a scopi didattici. Se avessero avuto successo non sarebbero stati solo la prima compagine privata ad allunare, ma anche quelli che ci sarebbero riusciti con la loro prima missione lunare. 

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