Cosa resta delle prime Nitto Atp Finals

AGI – Dall’azzurro delle Nitto Atp Finals al verde della Coppa Davis. Il Pala Alpitour indossa un abito nuovo, con il campo color  speranza (visto il triste forfait di Matteo Berrettini ce n’è bisogno)  che dal 25 al 29 novembre ospiterà gli incontri del girone tra Italia, Stati Uniti e Colombia seguite da un quarto di finale.

Un cambio di look che, insieme all’azzurro, mette nel cassetto della prima edizione torinese delle Nitto Atp Finals una sfilza di emozioni destinate a rimanere negli occhi e nel cuore dei torinesi e di chi, in arrivo dal resto d’Italia e dall’estero non è incappato dell’annullamento dei biglietti in zona Cesarini causa capienza ridotta dello stadio, ma anche una serie di temi sui quali gli organizzatori lavoreranno per i prossimi quattro anni sabaudi. 

Nel bilancio della settimana blu del Pala Alpitour ci sono da una parte l’elogio definitivo del vincitore Zverev (“A Londra sono stati anni incredibili ma per me l’Italia e Torino sono il top”) la maestosità avveniristica dell’impianto, le montagne russe emotive per la lesione addominale guastafeste di Berrettini e l’apparizione fatale, proprio al suo posto, della prima riserva Sinner, gli ineleganti sbadigli di Medvedev nei cambi campo con il beniamino italiano e la semifinale Djokovic-Zverev che ha fatto palpitare il pubblico anche di più del duello finale tra il tedesco e il russo.

Dall’altra il cibo non all’altezza della tradizione sabauda, la fila per accedere ai bagni (“ne ho vista un po’ troppa” ha ammesso lo stesso presidente della Federtennis Angelo Binaghi) il Village risicato e con la moquette che si è arresa al primo acquazzone (ma il giovedì sera, prima dell’inizio della manifestazione, causa magagne al tetto ha piovuto anche dentro al Pala Alpitour, problema risolto con le vecchie care bacinelle) e soprattutto, il caos biglietti su cui non a caso si sono avventate anche le Iene Mediaset.

La decisione dell’ultimora del Cts di fermare al 60 per cento dei posti la capienza concessa all’evento, tra gente imbufalita che all’ultimo momento ha dovuto cancellare la trasferta torinese anche se il suo costoso biglietto lo aveva comprato prima di altri che invece avevano avuto il via libera, avvocati, minacce di class action e rassicurazioni sui rimborsi (ma un’emozione agognata e disattesa non è rimborsabile) è stata fatalmente al centro della narrazione dell’evento, accompagnata dallo sfogo di Binaghi, imbufalito per non essere stato ricevuto dal suddetto Comitato.

Troppo ottimisti gli organizzatori quando, in prevendita, hanno fatto cassa, o tardiva la decisione del Cts? Sul tema  Binaghi si è intrattenuto parecchio nella conferenza stampa di chiusura, spiegando anche come andrà per il Foro Italico, Covid o non Covid. 

“Per gli Internazionali di Roma del prossimo maggio abbiamo già aperto la vendita dei biglietti, come Madrid e Montecarlo, i Masters 1000 sulla terra rossa, e abbiamo 2 milioni già incassati. Nessuno di noi, come Madrid e Montecarlo, ha la più pallida idea di cosa succederà a maggio con il virus e di che capienza ci potrà essere. Possiamo solo avvisare gli acquirenti del fatto che il posto lo si potrà avere con certezza solo tra qualche mese” ha premesso chiarendo che non vendere i biglietti prima della decisione finale del Cts sarebbe stata in controtendenza rispetto a ciò che si fa nel resto del modo e riscostruendo quindi i passaggi relativi al tema biglietti. 

“La decisione del Cts di rifiutare l’allargamento al 75% è arrivata il venerdì pomeriggio prima del torneo. Dopo questo sconvolgimento abbiamo cercato una ottimizzazione delle percentuali concesse. Abbiamo capito che sponsor, giornalisti, eccetera non erano compresi nella percentuale concessa, questo ci ha permesso di poter richiamare altre persone rispettando sempre il 60% di capienza”.

Se in tanti davanti alla tv hanno avuto l’impressione che quelli seduti al Pala Alpitour occupassero più del 60 per cento dei posti, la sensazione si deve insomma a giornalisti, sponsor e pure a camerieri and Co che si sarebbero affacciati sul campo.

Ma c’è anche dell’altro:  “La seconda ottimizzazione è stata fatta nei giorni successivi – ha continuato Binaghi-  grazie a un attento monitoraggio dei numeri ci siamo resi conto che il ritorno degli spettatori che avevano un biglietto annullato ma poi di nuovo validato non era del 100 per cento e questo ci ha permesso di fare entrare persone che venivano ai cancelli con biglietto non valido. Questo da un certo punto in poi non è stato possibile perché a seguito del passaparola si sono presentate troppe persone ai cancelli. Quindi abbiamo dovuto far restare fuori in molti. Certo, abbiamo sofferto e soffriamo per chi non è potuto entrare, ma non potevamo non rispettare ciò che aveva imposto il governo”.

Adesso si punta ovviamente a crescere passando undici milioni  e mezzo di euro incassati dalla biglietteria e ai quindici milioni totali con i ricavi sul fronte corporate, a venti milioni (sperando che le prossime edizioni siano Covid free).  Gli organizzatori puntano anche a coinvolgere di più la città a cui è mancato in questa edizione l’effetto Olimpiadi invernali del 2006. Eventi non comparabili in quanto a numeri di atleti e nazioni coinvolte, tanti campioni di discipline varie contro gli otto dei del tennis (più i doppisti) in campo al Pala Alpitour. Ma la sensazione dei torinesi, commercianti in testa, è che si può fare di più e meglio del Village allestito in  piazza San Carlo. Gli organizzatori hanno detto di aspettare a braccia aperta le proposte della città, dal sindaco in giù. Si vedrà.

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