Super League, così è fallito il golpe dei super ricchi

AGI – La parola fine all’operazione Superlega, una sorta di golpe realizzato ‘a freddo’ dai 12 club più ricchi e blasonati (e indebitati) del mondo viene pronunciata dal suo più grande sponsor, Andrea Agnelli, quando stamattina dichiara la resa: “Ad essere onesto, non possiamo andare avanti”. 

Cosa c’è alla base di questo incredibile flop? Come è possibile che 12 società (e 12 azionisti tra i più ricchi e potenti del mondo) abbiano fatto un errore così clamoroso sottovalutando tutti gli elementi che si sono scatenati contro il loro progetto? La spiegazione più probabile viene data all’AGI da fonti della Uefa che rivelano particolari inediti dei giorni che hanno preceduto il tentato ‘golpe’. 

Cronaca di un flop (annunciato)

Andiamo con ordine.

VENERDÌ 16 APRILE, mattina. Il Consiglio di amministrazione dell’Eca, l’Associazione dei club europei, l’organismo che rappresenta circa 200 società calcistiche a livello europeo presieduta da Andrea Agnelli approva all’unanimità la formula della nuova Champions League che dovrà partire nel 2024-2025.

VENERDÌ 16 APRILE, pomeriggio. L’Eca e il Club Competitions Committee (comitato delle competizioni per club della Uefa composto dalla maggioranza dei rappresentanti delle società) di cui fa parte ed è presente Ivan Gazidis, ad del Milan, approvano il format che lunedì 19 aprile la Uefa dovrà annunciare durante la riunione del suo Comitato esecutivo.

Poi che accade? Da parte dei 12 club che sono alla base della tentata Superlega arriva un ultimatum a JP Morgan: o ci date subito i soldi per appianare parte dei nostri debiti e dare il via ufficiale al progetto oppure dobbiamo accettare la Champions League così come è stata concepita (anche da noi) che partirà però tra due anni, tardi per evitare l’emorragia in corso. 

L’impegno economico arriva: 3,5 miliardi una tantum subito da restituire negli anni successivi con gli introiti del torneo. Con la finanziaria americana ci sono anche due fondi, uno spagnolo legato a Florentino Perez del Real Madrid e uno Usa legato alle squadre inglesi, oltre probabilmente ad uno saudita (cosa che, più di ogni altra, contribuisce a tener lontano il Paris Saint-Germain di proprietà qatarita dal progetto). Trovati i finanziatori, la Superlega può diventare realtà. Almeno nell’idea dei 12 soci che in tutta fretta accelerano il progetto che studiavano da tempo. I rumors iniziano a girare e arrivano anche alle orecchie di Alexander Ceferin.

SABATO 17 APRILE, mattina. Il presidente della Uefa chiama Andrea Agnelli, a cui lo lega anche un’amicizia di lungo corso (Ceferin è il padrino della figlia), e gli chiede conto delle voci su un imminente annuncio della nascita di una competizione al di furi della sua giurisdizione. Dall’altro capo del telefono le rassicurazioni di rito: “Nulla di vero, tranquillo. Comunque ci sentiamo tra poco”. Poi, come raccontato dallo stesso Ceferin, il telefono di Agnelli non è più raggiungibile. 

DOMENICA 18 APRILE. Agnelli continua a non essere raggiungibile e Ceferin capisce che i rumors sono concreti. E così chiama le federazioni e le leghe nazionali dei club coinvolti nel progetto Superlega e nel pomeriggio la Uefa dirama una nota congiunta con Federcalcio inglese e Premier League, Federcalcio spagnola reale e La Liga, Federcalcio italiana e Lega Serie A. Ceferin avverte i club dissidenti: “Resteremo uniti nei nostri sforzi per fermare questo cinico progetto. Prenderemo in considerazione tutte le misure a nostra disposizione, a tutti i livelli, sia giudiziario che sportivo, al fine di evitare che ciò accada”. Poi, nella nota, aggiunge: “Questo persistente interesse personale di pochi va avanti da troppo tempo. Quando è troppo è troppo”. 

La domenica passa senza colpi di scena. Poi, poco dopo mezzanotte, il blitz di quella che alla Uefa qualcuno ha ribattezzato “quella sporca dozzina” e un comunicato in cui si mette nero su bianco la nascita ufficiale della Superlega: “Dodici prestigiosi club europei hanno annunciato oggi congiuntamente un accordo per costituire una nuova competizione calcistica infrasettimanale, la Super League, governata dai club fondatori. Milan, Arsenal, Atletico Madrid, Chelsea, Barcellona, Inter, Juventus, Liverpool, Manchester City, Manchester United, Real Madrid e Tottenham hanno aderito in qualità di club fondatori”.

Un’accelerazione e una tempistica di comunicazione che appaiono da subito suicidi. Primo, perché a tarda notte non si annunciano rivoluzioni. Poi perché è quantomeno singolare comunicare l’avvenuto golpe un attimo prima che il presunto defenestrando sta per parlare al mondo e denunciare il “tradimento”. Terzo, non si presenta al pubblico un progetto chiaramente dirompente senza averlo spiegato nei dettagli, soprattutto quando necessita dell’appoggio popolare e di quello delle istituzioni. Niente di tutto questo viene fatto.

LUNEDÌ 19 APRILE. La Superlega viene bombardata da subito dal fuoco di tifosi, esperti, addetti ai lavori, istituzioni calcistiche. La Uefa, riunita per il Comitato esecutivo, forte del disappunto dell’opinione pubblica spara colpi pesanti. Lo fa Ceferin che arriva a dare del “serpente” ad Andrea Agnelli e racconta del tradimento consumato dall’ex amico. Un attacco violentissimo a cui seguono le altrettanto violente (e ben più determinanti) minacce del governo inglese e di quello spagnolo.

Anche l’Italia si aggrega, un po’ dopo, agli altri due. Draghi dichiara: “Il governo sostiene con determinazione le posizioni delle autorità calcistiche italiane ed europee per preservare le competizioni nazionali, i valori meritocratici e la funzione sociale dello sport”. Meno duro di Boris Johnson (che minaccia il ‘modello tedesco’ con i tifosi proprietari del 51% delle quote del club, niente visti ai calciatori stranieri acquistati, tante tasse ai club e restrizione dei diritti tv), ma comunque sulla stessa linea. 

La resa dei club inglesi

Poi la storia è nota: i sei club inglesi, anche per le forti pressioni dei tifosi – che oltremanica si considerano tali e non ‘clienti’ – si ritirano dal progetto e chiedono scusa. E via via si defilano anche le altre. È la fine della Superlega, morta ancor prima di nascere. E adesso, come in tutte le rivoluzioni fallite che si rispettino, i ‘cospiratori’ (così definiti dalla Uefa in un comunicato ufficiale) ne pagheranno le conseguenze. Per ora lo ha fatto solo l’ad del Manchester United Ed Woodward che si è dimesso.

Il destino di Andrea Agnelli

In quanto ad Andrea Agnelli, ha già lasciato, dopo l’annuncio della Superlega, la carica di presidente dell’Eca (associazione che raggruppa circa 200 club europei) e quella di membro dell’Esecutivo Uefa. Tramontato il sogno del torneo ‘dei migliori’, adesso il presidente della Juventus si trova senza un ruolo internazionale e sotto osservazione anche in casa bianconera: è stato additato dalla Uefa come il vero responsabile della tentata scissione e la sua immagine è fortemente compromessa. Oltre al fatto che la situazione economica del club, fallito il ‘golpe Superlega’, è tutt’altro che florida.

In quanto all’ad del Milan Ivan Gazidis, è probabile che il successo del club rossonero in campionato con il secondo posto sempre più vicino e la conquista (sul campo) di un posto in Champions League faccia passare in secondo piano la questione del flop della Superlega.

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