“La Coppa America è una sfida per i ricchi”, dice Cino Ricci
AGI – “La Coppa America è una sfida tra personaggi che hanno soldi. Le barche di adesso non sono barche a vela, perché la vela è un’arte, quell’arte di far navigare la barca con qualsiasi condizione di vento. Luna Rossa? L’ho vista bene, va molto veloce quando c’è un vento medio-leggero”. Così in un’intervista con l’AGI, Cino Ricci, primo skipper italiano in Coppa America. Era il 1983 quando nelle acque americane di Newport al timone dell’imbarcazione ‘Azzurra’ c’era il famoso skipper romagnolo.
Quella sfida fu voluta dal principe Aga Khan e dall’avvocato Gianni Agnelli. Di quell’esperienza, leggendaria per la vela italiana, ‘madre’ di quelle che furono le successive per ‘Il Moro di Venezia’, ‘Mascalzone Latino’ e ‘Luna Rossa’, Ricci, ricorda: “Abbiamo fatto una degna figura arrivando fino alla semifinale e, come mi aveva chiesto l’Avvocato, non abbiamo fatto la fatto la figura dei cioccolatai”.
‘Azzurra’, barca simbolo dello Yacht Club Costa Smeralda, aveva unito l’Italia. Mai la vela aveva inchiodato milioni di spettatori davanti al piccolo schermo. Ricci è l’uomo-simbolo della Coppa America in Italia e, con orgoglio, precisa: “non sono arrivato dalla vela dei Circoli, ma dalle barche a vela dei pescatori della zona di Cervia”.
Dal 1983 al 2021 sono trascorsi 38 anni, la Coppa America è cambiata nelle format ma soprattutto, sono le imbarcazioni che si contendono la brocca d’argento, una sorta di ‘Sacro Graal’ per il mondo sportivo, sono state rivoluzionate. Dalle barche di 12 metri si è passati alla Classe Coppa America per poi passare, nel 2010, a trimarani e catamarani. Dall’edizione di quest’anno c’è il rivoluzionario monoscafo full-foiling. Luna Rossa, già finalista nel 2000, è in finale contro Team New Zealand. Le regate per l’assegnazione della 36/a edizione Coppa America non inizieranno prima di mercoledì 10 marzo a seguito del lockdown in vigore nella città di Auckland dovuto all’allerta di livello 3 di Covid-19.
“Luna Rossa l’ho vista molto bene, è una barca equilibrata e va molto veloce quando c’è un vento medio-leggero – analizza Ricci oggi, a 87 anni, che vive nel casale del nonno a San Savino ai piedi del monte Titano in Romagna –. Team New Zealand non si è vista tanto ma le barche si assomigliano molto, sono nate assieme, dalla stessa prima bozza di progetto e poi ognuno ha proseguito per la propria strada. Conoscendo i neozelandesi credo abbiano realizzato una barca performante che predilige un vento medio-forte. In Nuova Zelanda le condizioni meteo, e quindi del vento, cambiano repentinamente, le perturbazioni non trovano grandi masse di terra e quindi passano veloci”.
Rispondendo alla domanda sulla barca favorita, Ricci risponde: “i bookmaker danno favorita quella locale, i neozelandesi sappiamo esser bravi a preparare le barche, conosco molto bene i due pozzetti (skipper e tattici, ndr) e posso dire che si equivalgono: il nostro punta di forza è il vento ma non deve essere troppo forte”.
In merito alle nuove imbarcazioni classe Coppa America rispetto alla ‘sua’ Azzurra, Cino Ricci è categorico: “Queste barche non sono barche a vela, la barca a vela deve poter cambiare le vele, la vera sfida erano le manovre dell’equipaggio che fa con le vele. L’arte era far navigare al meglio la barca con qualsiasi tipo di vento – puntualizza lo skipper –. Ricordiamoci che per la Coppa America non c’erano regole scritte: è una sfida e ognuno costruisce la barca che ritiene più veloce. Il tipo di imbarcazione da utilizzare nell’edizione successiva viene decisa dal rappresentante degli sfidanti, unitamente al detentore, nei giorni che anticipano il termine della Coppa America in corso. Fino agli anni ’30 c’erano solo due sfidanti, gli inglesi proponevano la barca al detentore che erano gli americani”.
Ricci svela un simpatico aneddoto. “Nel 1973 ero in procinto di entrare in Nazionale, ho fatto le regate di selezione a Marsiglia, ne avevo vinte tante. Successivamente ero iscritto alle regate di Admiral’s Cup in Inghilterra alle quali era prevista la partecipazione di tanti circoli velici mondiali – racconta lo skipper –. L’Italia disse che dovevo partecipare ad altre regate ma io avevo già prenotato il camion per portare la barca in Inghilterra. A quel punto decisi di iscrivermi come Monaco. A vedermi era arrivata persino la principessa Carolina. In quell’occasione arrivarono anche Umberto Agnelli e suo figlio Giovanni. Negli anni successivi regatavo spesso in America e conoscevo tutti i protagonisti della Coppa America. L’architetto Andrea Vallicelli, che poi progettò ‘Azzurra’, mi chiese se fossi stato in grado di mettere assieme un equipaggio per l’edizione del 1983. Ho riposto positivamente ma ho detto che bisognava trovare i soldi. Sono andato a casa di Umberto Agnelli, lui informò il fratello che disse, ‘digli a Ricci che venga da me’. Sono andato a Torino e da quell’incontro è nata la storia di ‘Azzurra’ e della nostra Coppa America”.