Ricavi, plusvalenze e abbonati: tutti i numeri dell’era Marotta alla Juventus

Ricavi, plusvalenze e abbonati: tutti i numeri dell'era Marotta alla Juventus

Alberto Ramella / AGF

 Giuseppe Marotta (AGF)

L’annuncio è arrivato come un fulmine a ciel sereno dopo il 3-1 sul Napoli, per bocca del diretto interessato ai microfoni del dopo partita. Giuseppe Marotta non sarà più l’amministratore delegato della Juventus. Il 25 ottobre 2018 si terrà infatti l’assemblea degli azionisti ordinari di Juventus Football Club che rinnoverà il CDA del club della famiglia Agnelli. Nella Juve del futuro non mancherà solo Marotta, ma anche il Chief Financial Officer Aldo Mazzia, altro amministratore delegato del club. In attesa di sapere dettagli più precisi sui motivi della separazione – i rumors già non mancano – affidiamoci a un’analisi dei dati degli otto anni della gestione Marotta (e Mazzia, elemento di grande esperienza il cui ruolo è stato centrale), dal 2010 al 2018. Una gestione che ha traghettato la Juve dalla crisi del lustro post-Calciopoli all’arrivo di Cristiano Ronaldo. 

Ricavi, plusvalenze e abbonati: tutti i numeri dell'era Marotta alla Juventus

Massimo Pinca / AGF

 Marotta Conte Paratici Fabris (AGF)

L’approdo alla Juventus e la difficile stagione 2010-11

“Quando circa sedici mesi fa ho assunto la presidenza ero pienamente conscio della situazione in cui si trovava la nostra Società. I risultati della gestione sportiva, che avevano prodotto un settimo posto in campionato nella stagione 2009-2010, erano il sintomo evidente di un malessere profondo, di un impoverimento del patrimonio tecnico della Prima Squadra tale da renderla non più competitiva. Inoltre erano già evidenti in quel momento le difficoltà economiche a cui la Juventus sarebbe andata incontro nell’esercizio che portiamo oggi alla vostra approvazione. Grazie al lavoro di Giuseppe Marotta […] è iniziato un rinnovamento totale della rosa che è proseguito anche nell’attuale esercizio. Sapevamo che questa rivoluzione sul fronte sportivo avrebbe potuto non essere accompagnata da risultati immediati e, purtroppo, siamo andati incontro ad un nuovo piazzamento deludente ai nostri occhi di tifosi, ma non totalmente inaspettato sotto un profilo manageriale. È stata una stagione di semina il cui raccolto auspichiamo possa arrivare presto”. Queste sono le parole del presidente bianconero Andrea Agnelli rivolte agli azionisti e pubblicate nella Relazione Finanziaria Annuale al 30 giugno 2011.

Il documento fu presentato il 16 settembre 2011, 8 giorni dopo l’inaugurazione dello Juventus Stadium. Marotta era diventato Direttore Generale Area Sport il 19 maggio 2010, quindi amministratore delegato nell’ottobre 2010. La stagione 2010-11 è l’ultima senza Stadium e senza trofei ed è quella nella quale viene innestato un pesante piano di sviluppo che nella metafora di Agnelli è la semina di cui si aspettavano i frutti. Sul piano sportivo, quella 2010-11 è una stagione in cui la Juve naviga a vista, non migliora sul fronte dei risultati poiché non riesce nemmeno a qualificarsi all’Europa League 2011-12 (obiettivo minimo dichiarato) e chiude di nuovo settima. Rispetto alla già pessima stagione 2009-10 la Juve 10-11 vede anche i ricavi precipitare. Questo crollo nei ricavi porta la Juventus a chiudere l’esercizio a giugno 2011 con una perdita record di 95,4 milioni (un rosso di 84,4 milioni maggiore di dodici mesi prima).

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Loris Roselli / NurPhoto

 Cristiano Ronaldo (AFP)

Marotta affronta una prima stagione juventina senza Champions (mancato introito stimato sui 20,3 milioni), con minori proventi radiotelevisivi (minori ricavi per 23,4 milioni), impoverimento del parco giocatori e del personale tesserato (minori ricavi per 33,7 milioni). Ciò trascina il patrimonio netto a un rosso di 4,9 milioni. Saldo negativo anche per la posizione finanziaria netta – che dodici mesi prima era in attivo di 6,4 milioni – in rosso di 127,6 milioni. Qui le cause, spiegano i bilanci bianconeri, sono da ricercarsi anche negli investimenti per il nuovo stadio, in sforzi economici per il mercato e in un peggioramento della gestione operativa.

Quella Relazione Finanziaria del 2011 si chiude con un previsionale di nuovo in perdita, sebbene inferiore a quello dell’anno in oggetto. Quella Juve doveva investire per raggiungere lo Scudetto e la qualificazione in Champions – vetrina troppo importante sul piano sportivo e mercato troppo importante sul piano economico – e per farlo doveva alzare il livello della rosa, e ciò richiedeva soldi. Vincere serviva per aumentare i ricavi, ma per vincere c’era da aumentare i ricavi: la sfida che attendeva Marotta non era affatto banale.

Raccogliere i frutti

Per vincere lo scudetto servivano quindi ricavi importanti per sostenere il mercato. Soldi che, come auspicato anche dalla Relazione di cui abbiamo parlato, sarebbero potuti arrivare anche dallo Stadium.

La Juventus negli anni 2011-2018 ha visto lievitare gli introiti derivanti dallo stadio di proprietà. Se consideriamo i soli abbonamenti per il campionato, va ricordato che negli ultimi 8 anni la Juventus ha sempre fatto registrare sold out. L’aumento dei prezzi, conseguente agli investimenti della società sul mercato dei calciatori, ha garantito ricavi netti sempre maggiori fino alla cifra record di quest’anno: 29,7 milioni di euro. Ma da solo lo stadio non sarebbe bastato a rilanciare la Juve sul piano sportivo. Marotta ha quindi allestito negli anni una rosa sempre più competitiva investendo attentamente sul mercato.

Per la campagna acquisti della stagione del primo scudetto, il bilancio 2012 parla di 98,9 milioni di euro investiti. Nell’estate 2011 arrivarono pedine fondamentali come Andrea Pirlo (arrivato per altro a parametro zero, grande intuizione di Marotta che lo strappò al Milan), Mirko Vucinic, Stephan Lichtsteiner e Arturo Vidal. La truppa di Antonio Conte riconquistò non solo il Tricolore, ma anche l’accesso alla Champions. Da lì in poi iniziò un’altra storia.

Anno dopo anno, la rosa della Juve lievita di valore fino al suo livello record di quest’anno (dati e stime Transfermarkt). Lo Scudetto 2012 fu una iniezione di soldi e di fiducia, mentre intorno alla Juventus le grandi storiche iniziarono ad arrancare: l’Inter da allora è un cantiere aperto e il Milan iniziò una crisi profonda. Le rivali dei bianconeri diventarono soprattutto il Napoli e la Roma. Al netto di pochi acquisti clamorosamente deludenti (Bendtner e Anelka), per la Juve 2012-13 Marotta calò l’asso dell’acquisto a zero di Paul Pogba, che quattro anni dopo portò circa 70 milioni di plusvalenza.

Nell’estate 2013 Marotta porta a termine l’acquisto del tanto sospirato top player per tentare l’assalto all’Europa: arriva Carlos Tevez, che l’anno successivo trascina la Juventus in finale di Champions a suon di gol. Nel frattempo, a luglio 2014 Marotta gestisce con grande lucidità il clamoroso addio di Conte avvenuto a preparazione iniziata affidando in pochissime ore la panchina a Massimiliano Allegri, il tutto nello scetticismo generale. Sul campo Allegri smentì i critici e nel frattempo a livello societario Agnelli e Marotta lavorano per poter far sedere la Juve al “ristorante da 100 euro” – la ormai celebre metafora di Antonio Conte che descriveva così la Champions League. Dal 2014 a oggi la Juve punta fortemente l’Europa, sfuggita sul filo di lana nel 2015 da outsider ma soprattutto nel 2017 quando le quotazioni dei bianconeri – che nel frattempo avevano acquistato Gonzalo Higuain per 91 milioni – erano ben più alte.

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Matteo Bottanelli / NurPhoto

 Giuseppe Marotta e Fabio Paratici (AFP) 

Massimizzazione dei ricavi e bilanci in rosso

Andrea Agnelli ha cercato di tranquillizzare tifosi e azionisti dicendo che la Juve senza Marotta e Mazzia sarà la solita Juve, con un rinnovato management under 45 e con i soliti tre obiettivi chiari: sport, ricavi e servizi. In questo senso, la Champions ora diventa l’orizzonte chiave al quale puntare senza indugi. Per farlo servono grandi giocatori e per i grandi giocatori servono investimenti. L’importanza dell’obiettivo sportivo è evidente. Sul piano dei ricavi, vincere la Coppa dalle Grandi Orecchie è probabilmente l’unico modo per avvicinare i grandi club europei come il Real Madrid che al momento incassano ancora molto di più dei bianconeri. Merito di stadi più grandi, ma anche di maggiore appeal commerciale. Per cui siamo di fronte di nuovo a quel curioso circolo visto nel caso dello scudetto 2012: per vincere la Champions servono i ricavi, per i ricavi serve vincere la Champions.

Come mostra il grafico qui sopra, i ricavi sono sostanzialmente aumentati negli otto anni di gestione Marotta-Mazzia, sotto tutti i punti di vista. Piccola flessione tra 2017 e 2018, probabilmente dovuta dall’eliminazione in Champions ai quarti. Rispetto all’inizio dell’era Marotta sono aumentati in modo netto i ricavi delle partite tra biglietti e abbonamenti, i ricavi da sponsor e i ricavi da diritti radiotelevisivi (in cui è altrettanto fondamentale il ruolo della Champions).

Tuttavia, la Juventus del presente e dell’immediato futuro fa segnalare qualche rosso da considerare con attenzione. Il bilancio di esercizio chiuso al 30 giugno 2018 – quindi prima dell’esborso per Ronaldo, che si farà sentire sui prossimi bilanci – evidenzia una perdita di 19,2 milioni, con una variazione negativa di 61,8 milioni rispetto all’utile di 42,6 milioni dell’esercizio 2017. In calo anche il valore del patrimonio netto: 72 milioni quello attuale contro i 93,8 milioni registrati a giugno 2017. Sensibile aumento (+90,7%) anche dell’indebitamento finanziario: 309,8 milioni al 30 giugno 2018 contro i 162,5 del 30 giugno 2017. Tutti questi numeri fanno capire che la Juventus di Agnelli sta accelerando sensibilmente gli investimenti economici e finanziari per inseguire la Champions, rimanere ai vertici e massimizzare i ricavi.

Al momento non sappiamo se l’allontanamento di Marotta e Mazzia sia dovuto a differenze di vedute con il presidente Agnelli su come coniugare risultati sul campo e massimizzazione dei ricavi, ma le cifre del bilancio 2018 che verrà discusso il 25 ottobre con gli azionisti ci dicono che la nuova Juventus si affaccia al prossimo triennio con una strategia decisamente più intraprendente sul piano economico-finanziario di quella del recente passato.

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