Viaggio nella Genova sotterranea, le gallerie della seconda guerra mondiale

AGI – Una sirena antiaerea che suona, un petardo che scoppia a simulare l’esplosione di un ordigno. È  così che partirà l’avventura in una delle gallerie antiaeree pubbliche di Genova, almeno nelle intenzioni del gruppo di appassionati – storici, speleologi, ricercatori – che le hanno riscoperte e ora intendono mostrarle al pubblico. L’AGI ha seguito in anteprima il viaggio in quella che sembra essere la ‘regina’ dei 65 tunnel costruiti tra il ’43 e il ’45 per proteggere la popolazione durante la seconda guerra mondiale.

La galleria numero 10

È la ‘galleria numero 10’, in via Napoli, lunga circa 200 metri, costruita nel 1943, “sicuramente una tra le più belle di Genova, sia per lunghezza e stato conservativo, sia per le concrezioni che vi si sono formate – dice Antonio Travi, speleologo dell’Associazione ‘Il Sottosuolo di Genova-Crig-Clsm (Centro ligure studi militari) -. Ma anche per una particolarità che non abbiamo finora trovato in nessun’altra galleria: una sfuggita (condotta, ndr) di 80 metri per l’aerazione, in verticale, formata da due tunnel da 40 metri, con in mezzo una stanzetta. Non solo: in questa galleria ci sono i bagni, il locale del pronto soccorso. Insomma, si presta perfettamente a visite guidate”.

E l’intenzione è proprio portare cittadini e turisti nell’universo parallelo della Genova sotterranea: “Ci siamo già rivolti in questi giorni al Comune che ha immediatamente preso in considerazione la nostra richiesta e, a breve, avremo un incontro per studiare il progetto – spiga Travi – Ne vorremmo far visitare almeno sei, due delle quali, Covid permettendo, già entro settembre”.Il percorso è effettivamente suggestivo. Si entra in quel che è a tutti gli effetti oggi un garage, ma – dopo qualche passo – si piomba in un’altra epoca.

Un aiuto al racconto storico

“All’ingresso, sulla parete di destra – dice la nostra guida, avanzando con torcia e caschetto nell’ampia galleria – metteremo in mostra documenti, una grande cartina di Genova con tutti i rifugi antiaerei pubblici, molte foto d’epoca, perché – sottolinea – più che portare le persone in una galleria, l’obiettivo è far vivere loro quello che succedeva durante il conflitto mondiale. A tal proposito, in collaborazione con la Croce Rossa Italiana, ripristineremo lo spazio di primo soccorso ai feriti presente nella galleria”.     

L’idea è quella di una esperienza nel passato, rivolta a piccoli gruppi di 10, massimo 15 persone, anche bambini e scolaresche: “È un enorme aiuto nel racconto storico di una città. Un complemento a quanto si legge sui libri”, commenta l’altro nostro accompagnatore, Vincenzo Pensato, arzillo 82enne definito “la Bibbia delle gallerie di Genova e Provincia”. Suoi infatti i quaderni da cui è partito lo studio e l’instancabile lavoro di mappatura della ‘città di sotto’.

Nato a Milano, ma dal ’51 nel capoluogo ligure, è a suo agio nel farsi strada in quel lungo e ampio corridoio buio, col pavimento sconnesso che regala fantastiche concrezioni di un bianco lucido, ma che in alcuni punti è ancora ingombro di pietre e massi, presumibilmente i resti di quello che – nel ’43, quando la galleria venne realizzata – fu il maxi muro ‘antivento’, ovvero un pesante blocco di cemento e pietra posizionato all’ingresso della galleria per mitigare l’onda d’urto delle esplosioni esterne.

Se non vi fosse stato quel diaframma, largo almeno un metro e mezzo, la deflagrazione avrebbe seminato morti e distruzione anche lì. Calpestando il suolo, non è raro trovare resti di vecchie lampade risalenti agli anni Quaranta, pentole, suole di scarpe di chi aspettava in quel corridoio, seduto con la schiena appoggiata alle pareti umide, che i bombardamenti finissero.

Sono stati trovati anche istrici, tassi e ricci

“Abbiamo trovato anche animali, come istrici, tassi, ricci – racconta Travi – Ma soprattutto abbiamo raccolto anche testimonianze di chi in queste gallerie si è salvato la vita. C’è persino un uomo che è nato qui, nel punto di primo soccorso. Nelle visite racconteremo tutto questo”. Era in questo spazio buio che moltissimi genovesi si sono salvati la vita durante il conflitto mondiale, magari pregando davanti all’edicola votiva che si trova in alto a destra, a pochi metri dall’ingresso. Ora è solo una nicchia in alto nel muro, “ma nel nostro progetto – spiega la guida – vorremmo ricostruirla, rimettendo il lumino e aggiungendo tutte le foto delle altre edicole votive trovate nelle decine di gallerie antiaeree esplorate”. 

L’obiettivo del Clsm, gruppo nato indicativamente a fine anni ’80, dai primi del ’90 specializzato in fortificazioni e, poi, gallerie antiaeree, è raccontare quel pezzo di storia, in particolare come l’amministrazione di allora lavorò per proteggere – in condizioni così precarie – la popolazione. Ma c’è anche l’intenzione di studiare i manufatti di questo mondo sotterraneo, che non è solo pietra e mattoni, ma rocce delle più svariate tipologie, stalagmiti, stalattiti, minerali: “È  un mondo che racconta non solo vicende belliche, ma anche umane”, sottolinea Pensato.

Straordinario lavoro di ricerca

Inoltre, costruire quel gran numero di gallerie, almeno 65 quelle pubbliche da Voltri a Sant’Ilario, ma centinaia se si sommano quelle private ad oggi impossibili da censire totalmente, permise alle imprese locali di mantenere lavoratori sul territorio. “In quegli anni – ricorda infatti Pensato – si pretendeva di portare un gran numero di operai in Germania, con le conseguenze drammatiche che sappiamo”. Questo straordinario lavoro di ricerca della documentazione – frammentata e dispersa in un elevatissimo numero di uffici comunali – ma anche di mappatura, esplorazione, è completamente autofinanziato dal gruppo e ora vorrebbe poter vedere la luce, uscendo dall’ombra del sottosuolo, e mostrandosi alla cittadinanza.

Oltre a dare il via libera alle visite, “il nostro tentativo è quello di convincere le amministrazioni a vari livelli che se riuscissimo a farlo diventare un sistema, potrebbe avere valenza turistica, come a Napoli, Roma – dice Pensato – Vorremmo che anche Genova valorizzasse quanto finora è rimasto nascosto”. La speranza è che questo dedalo di caruggi sotterraneo, tanto bello e suggestivo quanto quello a cielo aperto, possa essere mostrato, raccontato, sperimentato, rude come si presenta, con le stalattiti che pendono dal soffitto, con i passi che si incastrano tra concrezioni e vecchi mattoni, col gocciolare delle infiltrazioni d’acqua che sempre si fa strada nella roccia, con quel silenzio carico di storia, a pochi metri dal frastuono della città moderna. 

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