I paradossi della nuova norma sulle targhe straniere. Rischia chi era in regola

I paradossi della nuova norma sulle targhe straniere. Rischia chi era in regola

Foto: Afp 

Da alcuni giorni è “vietato, a chi ha stabilito la residenza in Italia da oltre sessanta giorni, circolare con un veicolo immatricolato all’estero”. La norma è contenuta all’interno della legge n.132 dell’1 dicembre 2018, quella di conversione del Decreto Sicurezza. Si tratta di un provvedimento che mira a frenare la cosiddetta “esterovestizione” delle automobili, una pratica che consentiva ai possessori di auto con targhe straniere di risparmiare sui classici costi delle quattoruote.

Che cos’è l’esterovestizione dei veicoli

Non pagare il bollo e ridurre di molto il costo dell’assicurazione, non preoccuparsi di prendere multe in strada, dimenticarsi della revisione: l’estero-vestizione dei veicoli serviva a tutto questo. Immatricolando l’auto all’estero, infatti, si abbattevano la burocrazia e i costi per circolare sulle strade italiane, oltre a rendersi quasi irreperibili in caso di multe. Tra chi la usava per risparmiare qualche centinaia di euro c’erano i “furbetti delle targhe”, cittadini residenti in Italia che sfruttavano la legge che offriva loro la possibilità di circolare per dodici mesi con una targa straniera.

Una norma, infatti, già c’era: prevedeva l’obbligo di re-immatricolare un’auto straniera in Italia entro un anno dal suo arrivo. Di fatto, però, era pressoché impossibile verificare eventuali infrazioni: “Il problema – spiega Andrea Guerci dell’ufficio Mobilità e Sicurezza Stradale dell’Aci – era che con la libera circolazione all’interno dell’Unione Europea non si potevano avere informazioni chiare e utili a dimostrare che il mezzo si trovasse sul suolo nazionale di più di un anno”. Niente dogane, quindi, e niente date certe sull’attraversamento dei confini.

Multe e rimpatrio: ecco cosa cambia

Il Decreto Sicurezza ha modificato due articoli del Codice della Strada, il 93 e il 132. Come già detto, viene sancito il divieto di circolare con un veicolo immatricolato all’estero se si è residenti in Italia da più di due mesi. La legge prevede multe che variano da 712 a 2.848 euro, il fermo del mezzo e l’obbligo di immatricolarlo in Italia entro 180 giorni. E se questo non accade? In questo caso il proprietario dell’auto straniera dovrà consegnare la targa e il documento di circolazione alla motorizzazione civile che in cambio ne fornirà di provvisorie insieme a un foglio di via. Il motivo? “Condurre il veicolo oltre i transiti di confine”, recita il nuovo articolo 132: tradotto, il rimpatrio del mezzo.

I paradossi della nuova norma: rischia chi era in regola

Le modifiche al Codice della Strada prestano il fianco alle critiche per via di alcuni aspetti paradossali: la norma, osserva per esempio Il Sole 24 Ore, di fatto vieta anche di guidare l’auto di un amico che abita all’estero e che ci venga a trovare in Italia per qualche giorno. Il rigore usato per mettere in scacco i furbetti, inoltre, rischia di inguaiare anche i possessori di auto straniere arrivati in Italia da più di due mesi ma da meno di un anno: per loro, completamente in regola fino a pochi giorni fa, è una corsa contro il tempo per re-immatricolare l’auto.

“Con questa legge si è cercato di porre un rimedio al fenomeno della estero-vestizione – prosegue Guerci – ma c’è un problema: non è stata prevista una finestra temporale per mettersi in regola”. I legittimi possessori residenti in Italia da sei mesi, per esempio, ora corrono il rischio di vedersi comminata una multa salata e il fermo del mezzo magari proprio mentre andavano a sistemare la documentazione del veicolo.

L’eccezione che rischia di non eradicare il fenomeno

Il limite temporale di sessanta giorni previsto ora non riguarda “i veicoli concessi in leasing o in locazione senza conducente da parte di un’impresa costituita in un altro Stato membro dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo che non ha stabilito in Italia una sede secondaria o altra sede effettiva”. Via libera ancora adesso, insomma, alle auto immatricolate all’estero nel caso in cui siano concesse in leasing (cioè un contratto di prestito) da parte di società non italiane. La stretta, scrive Il Sole 24 Ore, non colpisce quindi “i casi più rilevanti, quelli di chi prende auto in leasing o noleggio da operatori esteri”. A farlo, secondo il quotidiano economico, sono “generalmente persone ricche che scelgono modelli di valore sottraendosi al Fisco” risparmiando sul super-bollo.

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