Rischio di morte più elevato nelle terapie intensive sotto pressione

AGI – I pazienti Covid-19 ammessi nei reparti di terapia intensiva in sofferenza hanno una probabilità di decesso più elevata del 19 per cento. Questo è quanto emerge da uno studio, pubblicato sul server di prestampa medRxiv, condotto dai ricercatori dell’University College di Londra (UCL), che hanno analizzato i dati dei pazienti ricoverati nel Regno Unito e i tassi di mortalità  dei soggetti ricoverati in terapia intensiva in relazione ai letti occupati e alla disponibilità nei reparti più in sofferenza.

“Il numero di casi in Inghilterra ora supera i 3 milioni di positivi – afferma Bilal Mateen dell’UCL – con più di 3.500 pazienti che necessitano ventilazione, mentre gli ospedali di tutto il paese stanno raggiungendo il limite”.

Il team ha analizzato i dati di 4.032 pazienti positivi ammessi alle unità di terapia intensiva (ICU) del servizio sanitario nazionale inglese (NHS) tra il 2 aprile e il 1 giugno. I risultati hanno evidenziato che nei casi in cui la terapia intensiva raggiungeva l’85 per cento della capienza, il 38,4 per cento dei pazienti non sopravviveva. I ricercatori suggeriscono inoltre che, con una capacità inferiore al 45 per cento, il rischio di decesso sembrava diminuire del 45 per cento.

“Alla fine del 2020 – riporta l’autore – 37 dei 123 centri considerati registravano un totale di posti letto occupati superiore all’85 per cento della capienza della terapia intensiva, in 11 casi la situazione aveva raggiunto il 100 per cento della disponibilità, amplificando maggiormente il rischio di decesso per i pazienti ricoverati”.

Gli scienziati sostengono che il rischio di decesso di un paziente ricoverato in una terapia intensiva completamente piena potrebbe addirittura raddoppiare, per cui sottolineano l’importanza di ridurre la pressione sulle strutture sanitarie.

“Siamo stati in grado di quantificare il rischio per le situazioni a bassa disponibilità – commenta Harrison Wilde dell’UCL, primo autore dello studio -, l’associazione tra occupazione della terapia intensiva e mortalit è molto più profonda di quanto avessimo sospettato in precedenza”.

“Sapevamo che le situazioni più compromesse negli ospedali e nelle cliniche possono danneggiare la salute dei pazienti – afferma Christina Pagel, dell’UCL e altra firma dell’articolo – questo documento evidenzia per la prima volta che sottoporre a tale tensione le unità di terapia intensiva durante i picchi di pandemia, purtroppo, riduce le possibilità di sopravvivenza dei pazienti ricoverati”.

Il team ribadisce l’importanza di vaccinare tempestivamente le fasce di popolazione più vulnerabili per ridurre la probabilita’ di trasmissione dell’infezione nella comunità e alleviare la pressione sulla terapia intensiva. “Sebbene il nostro lavoro sia basato sui dati delle strutture inglesi – conclude Wilde – in molti Paesi le difficolta’ dei reparti di terapia intensiva sono paragonabili a quelle del Regno Unito, per cui questi risultati potrebbero essere estesi anche ad altre realta’”. 

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