Cosa succede ai processi di mafia se si abolisce l’ergastolo ostativo

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Pierpaolo Scavuzzo / AGF 

 Alfonso Bonafede

Potrebbe arrivare già martedì prossimo la decisione della Grande Chambre della Corte europea dei diritti dell’uomo sull’ergastolo ostativo: un verdetto che – come esposto anche nell’incontro avuto ieri con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio alla Farnesina, dopo la conferenza stampa sul decreto rimpatri – preoccupa il Guardasigilli Alfonso Bonafede, il quale considera fondamentale l’ergastolo ostativo e teme conseguenze sulle politiche antimafia e antiterrorismo. 

Il 13 giugno scorso, con una sentenza adottata a maggioranza, la Corte europea di Strasburgo ha censurato per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo – che vieta “trattamenti inumani e degradanti” – l’istituto dell’ergastolo ostativo, con il quale si prevede che per chi è condannato al carcere a vita per reati di mafia e terrorismo e non collabora con la giustizia non possano esserci benefici penitenziari, quali la libertà condizionale.

Il caso in esame riguardava Marcello Viola, un ergastolano condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso, sequestro di persona, omicidio e possesso illegale di armi. I giudici della Corte europea avevano sollecitato, con la loro pronuncia, una riforma dell’ergastolo ostativo.

Dal Governo italiano, quindi, è arrivata la richiesta di rinvio alla Grande Chambre, sottoposta ora al vaglio di ammissibilità: nella sua istanza, il Governo ricorda come il fenomeno mafioso sia la principale minaccia alla sicurezza non solo italiana, ma europea e internazionale, e sottolinea che l’ergastolo ostativo è stato dichiarato più volte conforma ai principi costituzionali dalla Consulta.

In Italia oggi ci sono 957 ergastolani per crimini di mafia, mentre sono 1.150 i collaboratori di giustizia e 4.592 i soggetti (compresi i familiari) sotto protezione. In un anno (2017-2018) 111 membri di associazioni mafiose e 7 testimoni hanno scelto di collaborare.

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