Contrordine: la modella del caso Ruby non è stata avvelenata con sostanze radioattive

imane Fadil radioattivita

Olivier Morin / Afp

Imane Fadil, teste chiave nel processo Ruby

Si fa sempre più consistente l’ipotesi che Imane Fadil, la testimone dell’accusa nei processi Ruby, sia stata uccisa da una malattia rara.

Gli esiti degli esami svolti ieri all’Istituto di Medicina Legale da una squadra di esperti nominata dalla Procura hanno escluso la presenza di sostanze radioattive nel fegato e nel rene della modella marocchina, morta a 34 anni nella clinica Humanitas di Rozzano dopo un mese di agonia.

Lo scenario da film del “mix di sostanze radioattive”, diffuso subito dopo la notizia della scomparsa di Fadil da fonti non giudiziarie, non aveva mai convinto il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e i pm Luca Gaglio e Antonia Pavan, impegnati nell’indagine per omicidio volontario.

Gli inquirenti avevano accennato a “sostanze particolari” facendo riferimento a un test nelle urine della donna, ma i prelievi dei campioni di tessuto, effettuati ieri e spediti poi all’Arpa e all’Istituto di Fisica dell’Università Statale, hanno escluso la contaminazione da sostanze radioattive. Come ultimo scrupolo, domani arriverà anche il responso dell’Enea di Roma.

Ora si potrà procedere all’autopsia, forse già sabato, che non richiederà misure precauzionali particolari come preventivato nel caso in cui fosse stata riscontrata la presenza di elementi radioattivi. Restano due strade da esplorare: quella di una malattia rara e devastante, in grado di disintegrare il sistema immunitario, e l’altra su un possibile avvelenamento da metalli pesanti.

La prima richiederà un’analisi approfondita dei campioni prelevati in grado di svelare una possibile malattia sfuggita perfino a medici molto preparati come quelli dell’Humanitas. La seconda, suggerita dal rilievo nei liquidi biologici di cadmio, cromo, molibdeno e antimonio in quantità molto superiori alla norma, potrebbe rivelarsi una falsa pista. A detta di diversi esperti, i livelli erano comunque inferiori rispetto a quelli ritenuti letali. “E’ meglio per tutti, per Imane e per la sua famiglia. Alla fine vuol dire che in giro c’è un cattivo in meno”, è il commento ai primi verdetti della scienza di Paolo Sevesi, legale dei familiari di Fadil.

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