Di fronte alla morte gli uomini si raccontano fondamentalmente 4 bugie

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ERIC CABANIS / AFP

Le tre facce in bronzo dello scultore francese Antoine Bourdelle (1861-1929) rappresentano paura, sofferenza e morte

“Non ho paura di morire, è solo che non vorrei essere lì quando succede”, scriveva Woody Allen, uno che ha sempre trovato modalità psicotiche e al contempo divertenti fino alla pura genialità, per pensare alla morte. Un problema che riguarda tutti e che oggi è sempre più studiato sotto un profilo scientifico, forse per dare una riposta definitiva a uno dei grandi dilemmi della vita, quello che riguarda, appunto, la fine della vita.

Una necessità, dato che l’uomo in fin dei conti non fa altro che tentare il più possibile di sfuggire all’argomento raccontandosi delle enormi bugie che lo aiutano ad andare avanti. A sostenerlo è Stephen Cave, esperto di morte e direttore esecutivo presso il Centro di Leverhulme dell’Università di Cambridge, intervistato da Quartz.

Sarebbero quattro le macro categorie di bugie spiegate da Cave nel suo ultimo libro ‘Immortality: The Quest to Live Forever e How It Drives Civilization’. La prima la intitola “Elisir”, ovvero l’uomo che si convince che prima o poi verrà inventata una pillola o una pozione che possa interrompere l’invecchiamento e quindi la morte. La seconda categoria la chiama “Resurrezione”, ovvero la speranza che la fine non sia esattamente una fine e che sarà possibile rinascere nel nostro corpo o in uno nuovo reincarnandoci. È poi la volta della categoria denominata “Anima”, che ammette la fine del corpo ma non quella della nostra anima, che continuerebbe a vagare sotto forma di spirito sulla terra.

L’ultima grande bugia viene chiamata “Legacy”, che ammette la fine del corpo e anche la fine dell’anima, e proprio per questo spinge l’essere umano a creare mentre è ancora in vita in maniera quasi ossessiva qualcosa di memorabile, qualcosa che continui a vivere in eterno al proprio posto.

“La narrativa dell’Elisir credo sia sempre la più attraente. È sempre il piano A, rimanere vivo e in salute in questo corpo, su questa Terra che conosciamo”. Per quanto riguarda le categorie “Resurrezione” e “Anima”, è affascinante notare come la religione sia stata del tutto cancellata dal ragionamento, segno dei tempi, di una scienza che ci promette ogni giorno di poter realizzare l’irrealizzabile, anche se su questo Cave ha da ridire: “Le persone usano quello che pensano siano metodi puramente scientifici e tecnici, e allo stesso tempo, attribuiscono a questi metodi speranze che vanno ben oltre ciò che le prove sosterrebbero”.

Cioè, ci si affida alla scienza per risposte a domande che riguardano pur sempre la nostra spiritualità. Esiste un campo specifico della psicologia sociale chiamato “Teoria della gestione del terrore” che si basa fondamentalmente sulla capacità dell’uomo di credere a qualsiasi promessa gli venga fatta una volta realizzata l’idea della sua fine.

Secondo Cave in questo momento, specie tra i miliardari della Silicon Valley, ci sarebbe in corso una gara forsennata ad ogni tipo di intruglio possa allungare la vita, una sorta di nuova generazione di faraoni egizi che finanziano la ricerca per allungare la propria data di scadenza, senza pensare che proprio da quelle parti secondo Cave hanno inventato il metodo finora più plausibile, forse l’unico plausibile, per restare vivi in eterno: i selfie. 

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