Il comitato dei familiari delle vittime e Ricciardi litigano sul lockdown “alla cieca” 

AGI – “In inglese tra” blind” ed “extreme” esiste una chiara differenza, che non lascia spazio ad interpretazioni di sorta. Il sistema della sorveglianza ha fallito”. Così il Comitato dei familiari delle vittime del Covid, attraverso il suo presidente Luca Fusco, risponde al consulente del governo Walter Ricciardi in relazione a un suo articolo riportato nel dossier dell’Oms il cui contenuto è stato reso noto ieri  dall’AGI. In questo testo di aprile Ricciardi scriveva che il “lockdown era una misura cieca di disperazione”, affermazione che al ‘Corriere della Sera’ ha poi così interpretato: “Per cieca intendevo dire che era estrema; nel momento in cui non hai altri strumenti, è evidente che non puoi non attuare quel tipo di strategia”.

Comitato vittime, sciatteria ha distrutto migliaia di famiglie  

“Non avevamo un piano pandemico aggiornato e di conseguenza reagenti, tamponi e mascherine per mappare e contenere il virus – ribatte Fusco -. Questa sciatteria burocratica e politica ha distrutto non solo migliaia di famiglie. Obbligando a un lockdown nazionale alla cieca ha mandato sul lastrico pure decine di migliaia di aziende con danni incalcolabili per l’intero Paese”. Nel suo articolo Ricciardi aveva osservato che in Italia sia il tracciamento che i test in laboratorio “erano molto limitati” e, anche per questa ragione, si era arivati alla chiusura.    

L’esperto dei piani pandemici, test e tracciamento essenziali 

Sul tema interviene anche il generale in pensione Pier Paolo Lunelli che ha elaborato un dossier consegnato alla Procura di Bergamo che stima un costo di 10.000 vite per la mancanza di piani pandemici aggiornati. “Un rischio pandemico in forma acuta si concretizza non appena il virus si adatta all’uomo e la trasmissibilità interumana cresce formando un’onda – osserva -.   In questo stadio si possono manifestare piccoli focolai di infezione sul territorio nazionale, tenuti comunque sotto controllo. Testare o sottoporre a test diagnostici, tracciare, isolare e/o curare sono le quattro azioni essenziali per contenere i focolai che si manifestano e cercano di espandersi qui e là, segnali premonitori di un possibile tsunami per il sistema sanitario. Gli epidemiologi, così come i vigili del fuoco, sanno bene il rischio che comporta un focolaio.  La gestione dei contatti è un processo che ha come obiettivo il contenimento della pandemia nella sua fase iniziale rallentando la diffusione del virus, spostando in avanti l’onda pandemica, mitigandone gli effetti, riducendo al minimo il tasso di attacco clinico, il tasso di mortalità e i danni che ne derivano per la collettività. L’utilità della “gestione dei contatti”, essendo un processo che drena notevoli risorse umane, è limitata alla fase iniziale, ovvero quando l’onda pandemica non si è ancora formata, e nel periodo inter pandemico (tra un’onda e l’altra).  La seconda linea di difesa comprende test, tracciamento e disposizioni sanitarie restrittive di quarantena della libertà personale dei “casi” e dei “contatti,” e interventi non farmaceutici (INF). Se la seconda linea di difesa non tiene deve essere pronta la terza e ultima: il sistema ospedaliero, i posti in pneumologia e in terapia intensiva, il personale sanitario che deve poter operare in sicurezza, pronto a gestire gli ammalati”.

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