La battaglia di Trungelliti, il tennista che ha denunciato il giro di partite truccate

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RECEP SAKAR / ANADOLU AGENCY

Marco Trungelliti

Per molti, Marco Trungelliti – argentino, non italiano – è semplicemente quel pazzo che, un anno fa, eliminato nelle qualificazioni del Roland Garros, era rientrata dove vive, a Barcellona. Ma, ripescato come lucky loser, è tornato in auto a Parigi in tempo per superare Tomic nel primo turno del tabellone principale. Non con un’auto comune, ma col camper che aveva noleggiato per regalare la visita della città catalana alla nonna 88enne, e sul quale aveva caricato anche il fratello minore e la mamma. Mille chilometri per un match, perché poi aveva perso col nostro Cecchinato, ma anche per un assegno di 79mila euro.

In realtà, il 29enne numero 130 del mondo è molto di più. È il primo, famoso, noto, collaboratore di giustizia delle combine dei tennisti per truccare le partite.

La storia è rimasta nascosta ai più, finché Marco non ha denunciato pubblicamente il marcato ostracismo che ha riscontrato da parte dei colleghi. “Anche se tutti sanno”, sostiene, “che le partite truccate non sono un segreto nel tennis e stanno peggiorando”.

L’argentino ha anche dichiarato di essere stato abbandonato dai gestori del circuito del tennis e dagli investigatori anti-corruzione. Che non sono riusciti a difenderlo pubblicamente contro chi ha messo in dubbio le sue motivazioni etichettato come una talpa. “Mi hanno semplicemente usato e poi mi hanno abbandonato in mezzo al mare. È stato un disastro, è stata una delle peggiori procedure io abbia mai visto, ne sto ancora pagando il prezzo”.

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Marco Trungelliti

Trugelliti aveva testimoniato contro il connazionale Nicolas Kicker, all’epoca 84 del mondo, che era stato squalificato per 6 anni (fino al 23 gennaio 2021) e contro gli altri argentini Patricio Heras (fermato per 3 anni) e Federico Coria (punito con 8 mesi di stop per omessa denuncia). Ma aveva subito avvertito che l’ambiente gli aveva girato le spalle: “All’improvviso, non mi ha salutato più nessuno, nessuno mi ha badato più, è stato triste. Ho ricevuto parecchi insulti sia dai giocatori che dai manager. Ho informato, invano, il TIU (Tennis Integrity Unit), chiedendo aiuto”.

Secondo la moglie, Nadir, Marco ha perso la voglia di giocare, per lo stress ha pianto, ha distrutto delle racchette, ha riaccusato un problema alla schiena che sembrava risolto. Ma ha continuato la sua battaglia: “Adoro il tennis. E sono molto rattristato dallo stato del tennis e dal fatto che le partite truccate avvengono così spesso. Il problema non sono solo i giocatori, sono implicati anche tanti allenatori. Ma tanti tanti. Se sei debole mentalmente, entri nel giro, perché è denaro facile. Se ci pensi, in un’oretta guadagni anche centomila dollari”.

Il problema riguarda soprattutto i tornei Challenger e Futures, cioè di seconda fascia dopo Slam, Masters 1000, “500” e “250”, dove i premi sono molto inferiori, e quindi anche la sopravvivenza economica dei giocatori. Ma i paesi implicati sono tanti, dal Belgio alla Spagna, dalla Francia all’Argentina, all’Italia. Così come tanti sono i sistemi della malavita per agganciare i giocatori.

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ERIC FEFERBERG / AFP

Marco Trungelliti

Trungelliti racconta di essere stato contattato nel luglio del 2015 da uno scommettitore che gli era stato presentato dall’allenatore come possibile sponsor. Aveva subito denunciato la cosa al TIU: “Che cosa devo fare? Ho il suo nome, il telefono e so come vuole agire”. Da cui l’interrogatorio con l’ente autonomo incaricato dall’Atp Tour di intervenire su questo delicatissimo problema, il racconto del giocatore che ha rivelato quale fosse la scala di corruzione, dai 2000-3000 dollari dei tornei Futures a i 5-10000 dei Challenger, ai 50-100000 degli Atp Tour. Quindi il processo e la condanna dei tre colleghi.

Tirato per i capelli dalle accuse del giocatore, il Tiu, e quindi l’Atp Tour, hanno quindi diramato un comunicato ufficiale per riabilitare Trungelliti, specificando che il silenzio era dovuto– di prassi – per proteggere l’identità dei testimoni. “Ma comprendendo che il giocatore è stato oggetto di più critiche e che le sue motivazioni sono state mal interpretate, il Tiu condanna questi comportamenti nei suoi riguardi ed esprime pubblicamente l’apprezzamento per il suo sostegno.

Ricordando che ha collaborato volontariamente, nella primavera del 20918, che non è stato a sua volta inquisito per qualsivoglia accusa e che non ha ricevuto alcuna retribuzione per le sue informazione. Non l‘ha mai richiesta e non gli è stata mai offerta. Ha agito col più alto livello di integrità e nello spirito del miglior interesse dello sport. Con coraggio e fermi principi ha contrastato chi  cercava di corromperlo e va ammirato e lodato”.

Marco Trungelliti può quindi camminare a testa alta nel tennis: non è una spia, non è un traditore, non è un pentito, non è un venduto. È un uomo onesto che ha sporto una denuncia contro tre colleghi, tre connazionali, probabilmente tre amici. Senza paura delle conseguenze, per amore della verità.

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