La comunità transgender si è infuriata per un tweet di Martina Navratilova

Martina Navratilova trans

 (Afp)

  Martina Navratilova 

Martina Navratilova ha sempre avuto tanto coraggio, anche troppo. Dentro il campo da tennis, giocando appena possibile servizio-servizio-volo e lasciando al tennis un’eredità talmente pensante da non lasciare proseliti. Fuori, è stata anche più grande, come fiera pioniera delle libertà di donne ed omosessuali dichiarati come lei, e come libera pensatrice su tutti i tempi politici e sociali.

E quando una follower le ha chiesto su Twitter un parere sui transgender nello sport, la nove volte regina di Wimbledon ha risposto secca, così come aveva bacchettato sulle dita Serena Williams dopo la sceneggiata con l’arbitro nella finale degli Us Open e come bacchetta Donald Trump ogni giorno:

“Chiaramente non può essere giusto. Non puoi solo proclamare una femmina e competere contro le donne. Ci devono essere degli standard, e avere un pene e competere come una donna non sarebbe adatto a quello standard”.

La comunità transgender si è scatenata definendo il suo atteggiamento “bullista“ e “discriminatorio”, con in testa il/la ciclista Rachel McKinnon, che quest’anno ha vinto una gara femminile, al grido di: “Martina è gravemente responsabile dei commenti transfobici pubblici fatti contro persone di sesso alternativo alla nascita cintandola a chiedere pubblicamente scusa, non si gioca a tennis coi genitali”.

Lei rimuove il tweet e chiede scusa

E così la mitica atleta ceca naturalizzata statunitense ha rimosso il tweet e ha chiesto scusa: “Sono dispiaciuta se ho detto qualcosa di transfobico, non volevo offendere nessuno, cercherò di informarmi meglio e, nel frattempo, non ne parlerò più”. Anche se l’altra metà del mondo web si è invece schierata dichiaratamente con lei e con la sua sincera risposta.

La grande mancina è poi tornata sul tasto delle diseguaglianze sociali di cui è paladina: “Sembra che i miei decenni a parlare contro ingiustizia e ineguaglianza non contino affatto per te”, ha incalzato. Ma questo non ha addolcito più di tanto la McKinnon che sostiene di aver ricevuto circa 100mila messaggi di odio su Twitter dopo la vittoria all’UCI Masters: “D’accordo sulle tue battaglie, ma questo non cambia il fatto che stavolta abbia fatto qualcosa di molto sbagliato. Le buone azioni del passato non danno un permesso speciale”.

Il limite di testosterone nello sport femminile

I trans possono gareggiare negli sport femminili se nel loro genere non superano un determinato livello di testosterone, in linea con le regole olimpiche del Cio, e comunque la questione è molto dibattuta sia a livello di atleti che di dirigenti. E ancora una volta Martina Navratilova ha toccato un problema delicatissimo e di non facile soluzione. Il paradosso è che il primo transessuale dichiarato del tennis, Renée Richards, aveva fatto parte del suo staff tecnico in due vittoriose campagne a Wimbledon. Per volere della maestra di tennis e di vita della allora transfuga cecoslovacca. 

L’ex oculista Richard Raskind, sposato, con un figlio, che nel 1953 aveva gareggiato agli Us Open maschili (eliminato al primo turno ed era entrato in tabellone anche nel 1960), dopo molti tormenti interiori, nel 1975, a seguito di un intervento chirurgico, divenne donna e chiese di partecipare al tabellone femminile sempre dello Slam di New York.

La Federtennis Usa (Usta), dietro la spinta delle altre giocatrici e all’opinione pubblica, le negò il permesso per il 1976, poiché si era rifiutata di sottoporsi al test ormonale, ma una storica sentenza della Corte Suprema di New York del 1977 le diede via libera. Così, la Richards perse nel primo turno agli Us Open del ’77 del ’78, ma arrivò al terzo nel 1979. Rimanendo un simbolo delle atlete transgender, anche con un libro significativo, “Second serve”.

Evidentemente, all’epoca, Martina non aveva capito bene la situazione.

Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it

Post simili: