La veglia di Francesco nell’ora più buia. “Non mettiamo una pietra sopra la speranza”

Le campane si sciolgono nel Gloria, ai lati della facciata di San Pietro, e il loro suono si sente per il centro di una Roma deserta come lo è la basilica. Terzo e ultimo giorno del Triduo: Papa Francesco anche oggi passa sotto le navate vuote mentre il canto gregoriano rimbomba tra le volte. Quelle delle campane sono le prime note di speranza dopo giorni di particolare mestizia. Il resto è stato, finora, ombra e tristezza.

Ma Bergoglio, che pronuncia la sua omelia qualche minuto dopo, chiama l’umanità alla speranza, perché oggi è la vigilia del cambiamento della storia. E di questo cambiamento traccia anche il profilo.

Quanto alla strada, la indicano ancora una volta delle donne, l’elemento femminile che in tante occasione il Pontefice ha fatto intendere di volere più presente nella stessa Chiesa.

Sì, è vero: è “il giorno del grande silenzio”, e l’uomo di oggi può solo “specchiarsi nei sentimenti” di quelle donne che avevano seguito Cristo come i suoi discepoli, ed ora si dovevano prendere cura di quel cadavere.

Loro, come oggi l’umanità toccata dal coronavirus, “avevano negli occhi il dramma della sofferenza, di una tragedia inattesa accaduta troppo in fretta. Avevano visto la morte e avevano la morte nel cuore”. 

Al dolore, poi, “si accompagnava la paura” per un destino di morte che poteva anche coinvolgerle personalmente. In più “i timori per il futuro, tutto da ricostruire. La memoria ferita, la speranza soffocata. Per loro era l’ora più buia, come per noi”.

Ma anche in questa situazione così incerta e disperante “le donne non si lasciano paralizzare. Non cedono alle forze oscure del lamento e del rimpianto, non si rinchiudono nel pessimismo, non fuggono dalla realtà”.

E così facendo “queste donne, senza saperlo, preparavano nel buio di quel sabato l’alba del primo giorno della settimana, il giorno che avrebbe cambiato la storia”. Esattamente quello che hanno fatto e continuano a fare quelli che il Papa ha definito in questi giorni “santi della porta accanto”, “eroi del giorno per giorno, dell’ora per ora”.

“Quante persone, nei giorni tristi che viviamo, hanno fatto e fanno come quelle donne, seminando germogli di speranza”, sottolinea ancora una volta. E lo hanno fatto, gli uomini di oggi e le donne del Vangelo, “con piccoli gesti di cura, di affetto, di preghiera”.

“Non abbiate paura, non temete”: ecco l’annuncio di speranza del Pontefice, che da quando è iniziata l’emergenza coronavirus non ha smesso un giorno di rivolgersi a tutti, attraverso i media.

“È per noi, oggi”, sottolinea ancora, “sono le parole che Dio ci ripete nella notte che stiamo attraversando”. Ma non si dimentichi che “stanotte conquistiamo un diritto fondamentale, che non ci sarà tolto: il diritto alla speranza”. Qualcosa di “nuovo, vivo, che viene da Dio. Non è mero ottimismo, non è una pacca sulle spalle o un incoraggiamento di circostanza. È un dono del Cielo, che non potevamo procurarci da soli”.

Infatti “tutto andrà bene, diciamo con tenacia in queste settimane, aggrappandoci alla bellezza della nostra umanità e facendo salire dal cuore parole di incoraggiamento”. Benissimo, ma “con l’andare dei giorni e il crescere dei timori, anche la speranza più audace può evaporare”. Invece “la speranza di Gesù è diversa. Immette nel cuore la certezza che Dio sa volgere tutto al bene, perché persino dalla tomba fa uscire la vita”.

Allora si prenda coraggio, si porti “vita dove c’era morte, per avviare una storia nuova dove era stata messa una pietra sopra”. Un nuovo inizio, perché da questa sofferenza sorga un nuovo ordine: nuovi orizzonti, nuovi punti di riferimento.

“Perciò non cediamo alla rassegnazione, non mettiamo una pietra sopra la speranza. Possiamo e dobbiamo sperare, perché Dio è fedele. Non ci ha lasciati soli, ci ha visitati: è venuto in ogni nostra situazione, nel dolore, nell’angoscia, nella morte”.

Ci vuole coraggio, certo, ed al coraggio è la chiamata di Francesco. Come diceva Don Abbondio “Non te lo puoi dare”, in compenso “lo puoi ricevere, come un dono. Basta aprire il cuore nella preghiera”, rispondendo alla “chiamata gratuita d’amore. Questo è il punto da cui ripartire sempre, soprattutto nelle crisi, nei tempi di prova” come questo.

“Portiamo il canto della vita”, chiede di nuovo, senza fermarsi, Bergoglio: “Mettiamo a tacere le grida di morte, basta guerre! Si fermino la produzione e il commercio delle armi, perché di pane e non di fucili abbiamo bisogno. Cessino gli aborti, che uccidono la vita innocente. Si aprano i cuori di chi ha, per riempire le mani vuote di chi è privo del necessario”. Vita, soldarietà, pace, giustizia sociale. Prima c’era la tomba chiusa.

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