Non solo Covid, tutti i guai  delle Olimpiadi di Tokyo

AGI – Restrizioni violate, sponsor in fuga, un arresto per violenza sessuali e altri quattro per droga, un atleta che scompare. I contagi all’interno del Villaggio Olimpico non sono l’unico danno d’immagine subito dai Giochi di Tokyo, che il governo nipponico ha insistito per far svolgere nonostante dati epidemici in peggioramento. Mentre salgono a 58 il numero di casi di Covid-19 tra le persone coinvolte a vario titolo nella manifestazione, l’opinione pubblica giapponese, già in larga parte scettica, ha più di un motivo per non accogliere l’appello di Thomas Bach, presidente del Comitato Olimpico, ai cittadini perché mostrino sostegno per Tokyo 2020, i cui preparativi erano già stati segnati da sospetti di corruzione e polemiche sul sessismo.
 

L’episodio più grave è il recente arresto di un membro dello staff olimpico di nazionalità uzbeka, accusato di aggressione sessuale ai danni di una collega giapponese. Nei giorni precedenti erano stati inoltre arrestati quattro elettricisti britannici e statunitensi con imputazioni legate agli stupefacenti.

Alla popolarità dei Giochi non ha contribuito il riemergere di un’intervista del 1994 al compositore Keigo Omayada, al secolo Cornelius, la cui musica è parte fondamentale della colonna sonora della cerimonia d’apertura. Omayada, che oggi ha 52 anni, si era vantato di aver umiliato e bullizzato uno studente disabile quando andava a scuola. Il compositore si è scusato ma si è rifiutato di abbandonare il suo ruolo e slegarsi dalle Olimpiadi.

Nel frattempo, è ancora mistero sulla sorte di Julius Ssekitoleko, un sollevatore di pesi ugandese scomparso dall’area riservata alla sua squadra per gli allenamenti dopo aver lasciato un biglietto nel quale spiegava di voler cercare lavoro nel Paese. Il ventenne non era riuscito a qualificarsi e avrebbe dovuto tornare nel suo Paese questa settimana. Dopo tre giorni di ricerche, la polizia non è ancora riuscita a localizzarlo

Gli sponsor, ormai, hanno iniziato a consultare esperti per valutare il danno di immagine che risulta dall’essere collegati ai Giochi. Toyota, uno sponsor globale, in Giappone ha smesso di trasmettere spot con il logo olimpico, pur ancora utilizzato in altre parti del mondo; nè manderà rappresentanti alla cerimonia di apertura. A rendere furente un’opinione pubblica già ostile è stata poi l’ampia copertura televisiva dedicata ai casi di membri stranieri delle delegazioni pizzicati a violare il complesso schema di restrizioni imposto loro. In alcune occasioni, gli ospiti sono stati ripresi mentre bevevano al di fuori dell’area loro riservata.

Con buona pace di Bach, il quale aveva assicurato che il rischio di una trasmissione del virus dalle delegazioni straniere alla popolazione fosse pari a “zero”, un’affermazione che era apparsa in partenza troppo ottimistica a fronte delle oltre 56 mila persone che sarebbero arrivate dall’estero per i Giochi.       

La crescita dei contagi rischia ora di compromettere in modo consistente le competizioni stesse. I due calciatori sudafricani risultati positivi all’interno del Villaggio Olimpico sono il caso più clamoroso ma tutt’altro che isolato. Sono ormai decine gli atleti che hanno cancellato la loro apparizione o sono stati forzati a un lungo isolamento, a pochi giorni dall’inizio dei Giochi, perché risultati in contatto con una persona positiva o positivi a loro volta.       

Seiko Hashimoto, presidente del comitato organizzativo di Tokyo 2020, ha assicurato in conferenza stampa che gli organizzatori avrebbero rafforzato le misure per evitare focolai.

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