Da Nord a Sud, è caos sui certificati di riammissione nelle scuole

AGI – Certificato medico sì o no? Dopo quanti giorni? E come certificare che non ci sono rischi di contagio? Sulla riammissione a scuola dopo un’assenza per malattia è caos totale. Nel documento sulla gestione dei focolai di Covid nelle scuole, le indicazioni dell’Iss sono chiare: “Il soggetto rimarrà a casa fino a guarigione clinica seguendo le indicazioni del pediatra/medico di medicina generale, che redigerà una attestazione che il bambino/studente può rientrare scuola poiché è stato seguito il percorso diagnostico-terapeutico e di prevenzione per Covid – quindi con l’effettuazione del tampone, ndr – e come disposto da documenti nazionali e regionali”. Ed è proprio in questo passaggio che si comprende il motivo di tale confusione.

Ogni Regione gode di un certo grado di autonomia in tema di sanità, col risultato che sulla certificazione le Regioni si stanno muovendo in ordine sparso. Il Lazio ha stabilito che il certificato è obbligatorio nelle scuole d’infanzia dopo 3 giorni di assenza per malattia diversa, mentre per le elementari, medie e superiori i giorni sono cinque. In Lombardia, Veneto, Liguria e Piemonte è sufficiente l’autocertificazione dei genitori che pero’ presuppone il via libera del pediatra. Sul patto di corresponsabilità fra comunità educante e famiglia puntano invece Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Umbria e Marche. In Sicilia vige l’obbligo di certificato dopo il decimo giorno di malattia. Per tutte le altre Regioni resta l’obbligo del certificato medico a scuola dopo 5 giorni di assenza.

Laddove il certificato non è richiesto, i presidi possono richiedere il tampone preventivo se sospettano un caso di Covid. E proprio i presidi nei giorni scorsi hanno lanciato un appello a rendere omogenee le misure sui certificati in tutta la Penisola: “Bisognerebbe reintrodurre un obbligo di certificazione al rientro. Almeno sopra i tre giorni di malattia”, aveva chiesto il presidente dell’Anp Antonello Giannelli.

Intanto in vista dell’autunno, due sono gli scenari che si profilano all’orizzonte: etichettare come una banale influenza un inizio di Covid oppure al contrario di intasare il sistema dei tamponi con migliaia e migliaia di test per banali raffreddori. “Non c’è modo di distinguere un’influenza stagionale dal Covid”, ha spiegato all’AGI Paolo Biasci, presidente della Fimp. Biasci non ha dubbi: “Il tampone va eseguito sempre”. Dobbiamo “essere sicuri che il bimbo non contagi i compagni, i maestri e i bidelli tra i quali potrebbero esserci anche persone in là con l’età o con patologie a rischio”. “Il cerino in mano resta ai pediatri di famiglia”, ha commentato Biasci. “Tutti parlano sulla nostra pelle, tutti dicono che dovremmo chiudere un occhio ma non è possibile”. Quanto alla possibilità di saturare presto le scorte di tamponi, il presidente della Fimp ha detto: “Sono mesi che sottolineiamo che finora abbiamo lavorato con le scuole chiuse, ma tra pochi giorni sarà diverso. La maggior parte dei tamponi verrà fatta ai bambini e ai ragazzi. Mi auguro che le aziende sanitarie e le Regioni ci abbiano ascoltato e si siano organizzati” nel numero di tamponi e nella velocità di elaborazione del risultato”. 

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