Il cartello albanese della droga organizzato comen i ‘Narcos’

AGI – Un ‘cartello’ composto da venti persone, tutte albanesi, capace di importare in Europa tonnellate di cocaina, usando le rotte navali e facendo transitare la droga nei grandi porti continentali.  Un meccanismo che ricalca i canoni e l’organizzazione dei grandi trafficanti del Sudamerica, da dove proveniva la droga. 

Sono in totale 31 le misure di custodia cautelari emesse nell’ambito di una vastissima indagine condotta dalla polizia di Stato e coordinata dalla procura di Firenze. “Kompania Bello” il nome del “cartello” da cui si approvvigionava la criminalità albanese. 

I panetti di coca

La loro cocaina era contraddistinta da un marchio su ogni panetto, dove veniva impresso “Bello”.  La maxi operazione internazionale denominata “Los Blancos” ha interessato il capoluogo toscano ed altre città italiane, oltre a numerosi Paesi esteri. 

​La complessa attività investigativa è stata condotta nell’ambito di un Joint Investigation Team costituito dal Servizio Centrale Operativo della Direzione Centrale Anticrimine, dalla Squadra Mobile di Firenze, dalla F.I.N.E.C. olandese e dalla Direzione Centrale per i Servizi Antidroga, con il coordinamento di EUROJUST ed EUROPOL, della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e della Direzione Centrale della Polizia Criminale.

Le 31 persone colpite dalle misure cautelari emesse dalla procura di Firenze sono avvenute a Firenze, Pisa, Lucca; poi a Genova e Modena. Arresti anche in Albania, Belgio, Germania, Grecia, Olanda, Romania, Ungheria e, fuori dall’Europa, negli Emirati Arabi e in Ecuador.

Gli arrestati sono accusati a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, detenzione e spaccio di droga. Nel corso dell’indagine sono stati sequestrati 4 tonnellate di cocaina e sequestrati beni e soldi per 5,5 milioni.

“A volte siamo portati a pensare che le organizzazioni criminali albanesi siano di secondo piano. L’operazione ‘Los Blancos’ dimostra invece che i criminali albanesi hanno grandi capacità, arrivando a trattare direttamente con i ‘cartelli’ di narcotrafficanti latinoamericani, intrattenendo con essi rapporti stabili.

Le indagini, inoltre, hanno permesso di accertare l’esistenza di una loro sovrastruttura criminale”. Così il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho, ha commentato, durante la conferenza stampa svoltasi questa mattina a Firenze, i risultati dell’operazione antidroga della polizia, coordinata dalla procura di Firenze guidata da Giuseppe Creazzo, denominata ‘Los Blancos’.

Forte capacità organizzative 

“È un’operazione internazionale importantissima – ha aggiunto De Raho -, che ha portato all’evidenza il ruolo dei narcotrafficanti albanesi e ha dimostrato quanto forte sia la capacità delle organizzazioni criminali albanesi, che hanno instaurato stabili rapporti con i narcotrafficanti sudamericani”.

Alla conferenza, tenutasi per il rispetto delle normative anticovid nell’aula bunker del tribunale di Firenze, hanno partecipato, oltre al procuratore capo di Firenze Creazzo, anche il vice presidente Eurojust, Filippo Spiezia; il direttore dell’Unità Criminalità Organizzata Europol, Georgios Raskos; il sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Amsterdam, Justine Asbroek; il direttore della Direzione Centrale Anticrimine, Francesco Messina; il direttore Centrale Servizi Antidroga – Generale di Divisione della Guardia di Finanza Antonino Maggiore; il direttore Servizio Cooperazione Internazionale di Polizia della Direzione Centrale Polizia Criminale, generale di brigata dell’Arma dei Carabinieri Giuseppe Spina.

Secondo quanto emerso dalle indagini della polizia coordinata dalla procura di Firenze, parte dei proventi derivati dalla vendita della cocaina da parte del ‘cartello albanese, era destinata al pagamento delle spese legali in caso di arresto degli associati e al mantenimento dei loro familiari.

In tale prospettiva, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, proprio in caso di arresto, agli appartenenti al gruppo criminale veniva imposto, pena gravi ritorsioni anche verso i familiari, il vincolo dell’omertà, vincolo regolarmente rispettato per il timore derivante dal fatto che l’organizzazione disponeva di sicari per eseguire omicidi e vendette contro eventuali collaboratori di giustizia.

Le indagini hanno portato anche alla scoperta anche degli accordi con i narcos dell’Ecuador.

Ogni carico, di diverse tonnellate, era infatti suddiviso secondo la regola del ’50 e 50′: metà del carico metà del carico era cioè di proprietà delle organizzazioni albanesi, metà di quelle sudamericane. I trasporti erano effettuati servendosi delle rotte navali commerciali dal sud America all’Europa grazie al fatto che i trafficanti erano in grado di garantirsi le cosiddette “uscite” dei carichi illeciti principalmente nei porti commerciali del nord Europa, potendo contare su sodali collocati in punti strategici in virtù anche del forte potere corruttivo dell’organizzazione.

Proprio in questi porti ed in particolare ad Anversa, Rotterdam e Brema, sono avvenuti sbarchi di enormi quantitativi di cocaina, sequestrati durante le operazioni doganali e riconducibili all’organizzazione.

Il viaggio della coca

Lo stupefacente arrivava poi nei Paesi di destinazione finale a mezzo di autocarri ed autoveicoli dotati di doppifondi e congegni automatici per l’occultamento. Le indagini, cominciate nel 2015, si erano inizialmente concentrate su una cellula dell’associazione albanese operante a Firenze, Roma e Modena la cui esistenza era stata scoperta approfondendo un episodio apparentemente marginale relativo ad una violenta rissa scoppiata a Firenze tra cittadini albanesi tutti conosciuti nell’ambito dello sfruttamento della prostituzione.

Tra le persone indagate era emerso che alcuni cittadini albanesi, i cui nomi si erano evidenziati durante questo primo filone d’inchiesta, erano dediti anche ad un ingente traffico di sostanze stupefacenti. Il sequestro di un telefono cellulare Blackberry in uso ad uno degli indagati, aveva fin da subito evidenziato che il gruppo criminale utilizzava come standard di comunicazione l’applicativo messenger di Blackberry per la conduzione dei propri affari illeciti.

La complessa attività di intercettazione telematica da parte della polizia della messaggistica criptata che i trafficanti gestivano attraverso le piattaforme “Skyecc” ed “ Encrochat” e l’analisi del traffico telefonico e telematico ha ben presto fatto emergere la complessità dell’organizzazione, la struttura del “cartello” e l’ampiezza della rete di distribuzione della droga.

Il capo indiscusso del gruppo, utilizzando diversi e sofisticati sistemi di comunicazione, manteneva i contatti con i narcotrafficanti sudamericani, organizzava le spedizioni di droga, impartiva disposizioni alle cellule di distribuzione dislocate in Italia e in vari Stati Membri dell’Unione e seguiva il reimpiego degli enormi proventi illeciti dando indicazioni ai suoi complici in Albania, Italia e Olanda circa gli investimenti dei profitti derivanti dall’attività criminale.

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