Gli esperti si scontrano sul termovalorizzatore di Roma

AGI – “Mettere in sicurezza la gestione dei rifiuti a Roma, recuperare energia che in questo momento storico è fondamentale, contribuire al riciclo ulteriore di materiali che altrimenti non sarebbero recuperabili”: così Mario Grosso, docente al Politecnico di Milano, uno dei massimi esperti in materia di gestione e trattamento dei rifiuti solidi, commenta con l’AGI il progetto del nuovo termovalorizzatore che – come descritto oggi dal sindaco e commissario Roberto Gualtieri – sarà uno dei cardini del piano di gestione integrata dei rifiuti della Capitale.

Secondo il docente “le tecnologie attuali con cui verrebbe costruito l’impianto permettono di avere la massima tutela rispetto alle emissioni al camino e comunque questa emissione aggiuntiva non è rilevante rispetto a ciò che già respirano adesso i cittadini. Per la salute il rischio incrementale è praticamente trascurabile”. 

Grosso spiega che in Italia i controlli sulle emissioni sono ancora più stringenti rispetto alle normative europee. “Se prendiamo l’inquinante più importante, chiamato NOx” gli ossidi di azoto “che viene emesso da qualsiasi processo di combustione, il limite europeo per l’incenerimento è di 200 milligrammi per metrocubo. Oggi se un impianto viene autorizzato in Italia viene imposto 50, un quarto rispetto a quanto prevede la normativa Ue”.

Per il docente – che al Politecnico di Milano tiene il corso “Gestione e trattamento dei rifiuti solidi” – il termovalorizzatore di Roma “sarà un impianto che va a risolvere i problemi attuali di malagestione del rifiuto indifferenziato“, un sistema attualmente “instabile, inaffidabile e che genera impatti negativi a cominciare dal trasporto dell’immondizia in altre regioni”. Inoltre, dal punto di vista delle emissioni al camino “sono emissioni che rispetto al totale che viene emesso dal traffico di veicoli o da altre industrie è assolutamente minoritario e trascurabile e non destano, quindi, alcun tipo di preoccupazione”.

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Poi, questo tipo di impianti “permettono di riciclare del materiale. Infatti, da ciò che rimane dalla combustione – ricorda l’esperto – si estraggono metalli che vengono utilizzati in altri settori industriali”. Altro aspetto evidenziato da Grosso riguarda la trasparenza.

“Gli inquinanti emessi al camino vengono analizzati in tempo reale e – sottolinea – i dati sono disponibili al pubblico e agli enti di controllo. è tutto trasparente quello che viene emesso da questi termovalorizzatori e non è così per altri impianti industriali per non parlare dei veicoli. Se ho una macchina da cui esce fumo nero nessuno mi dice niente”. I

n conclusione, secondo il docente “i sistemi di abbattimento dei fumi per i termovalorizzatori costruiti a partire dagli anni ’90 e anche per quelli vecchi che sono stati obbligati ad adeguarsi, sono molto sofisticati con valori che sono per legge più restrittivi rispetto ad altri impianti industriali. Quindi si è tranquilli dal punto di vista sanitario“.

Per Releacci “un errore partire dal termovalorizzatore”

“Il termovalorizzatore a Roma per me non è uno scandalo ma è un errore partire da quello. E’ come andare al ristorante e preoccuparsi del dessert”, ha detto Ermete Realacci nelle vesti di presidente della fondazione Symbola che si occupa, tra le altre cose, di sostenibilità ambientale.

“Il fatto che alla fine di una pianificazione sui rifiuti di Roma, che vede tante cose da fare a cominciare dagli impianti sulla frazione umida che ora finiscono in mezza Italia – sottolinea Realacci – ci sia anche un termovalorizzatore ci può anche stare. Quello che trovo sbagliato è che si parta da lì. Trovo che sia stato sbagliato il modo di coinvolgere i cittadini. Il termovalorizzatore, se tutto funzionerà per il meglio, ci sarà tra tre o quattro anni. Penso – conclude – che Roma abbia bisogno di qualche cosa prima. Se vogliamo far respirare Roma dobbiamo partire dalla frazione umida”.

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