La ‘Seconda chance’ dei detenuti, un’associazione trova loro lavoro

AGI – Per i detenuti è come se un raggio di sole avesse improvvisamente deciso di spazzare via il grigiore della loro vita dietro le sbarre; per gli imprenditori è un’opportunità, sociale ma soprattutto economica, da cogliere al volo, specie in tempi di crisi prolungata come questi. Stiamo parlando di “Seconda Chance”, creata dalla giornalista di cronaca giudiziaria Flavia Filippi (Tg La7) con la documentarista e autrice Alessandra Ventimiglia Pieri e con Beatrice Busi Deriu, titolare di Ethicatering.

Di cosa si tratta

Si tratta di un’associazione del Terzo Settore che procura formazione e lavoro attraverso il coinvolgimento di aziende di ogni tipo, portando fuori dagli istituti penitenziari, grazie a un regolare contratto, i detenuti vicini al fine pena e con un ottimo comportamento intramurario.

Poteva essere una scommessa ma se nel giro di pochi mesi in Italia sono saltati fuori oltre 140 posti di lavoro da destinare a detenuti, ex detenuti e loro familiari, vuol dire che il progetto è serio e pure molto concreto.

Se n’è accorto anche il capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Carlo Renoldi che ha firmato un protocollo di collaborazione con “Seconda Chance”, pur sapendo che a breve a guidare il Dap sarà il magistrato antimafia Giovanni Russo. “Non possiamo fare altro che ringraziare Renoldi – spiega Filippi all’AGI – perché ha creduto in noi, ci ha dato fiducia. Quel documento è un traguardo importantissimo a cui ambivamo da tempo”.

“Seconda Chance” è una creatura che vuole crescere: “Al momento ci sono quattro volontarie nel Lazio e un referente in quasi ogni regione – racconta Filippi – Ma le mille spese sostenute per andare a conoscere e a convincere le imprese, per viaggiare tra un carcere e l’altro della penisola, per accompagnare gli imprenditori ai colloqui con i detenuti, sono tutte sulle nostre spalle: benzina, autostrada, hotel, treni, taxi e il resto, tutto ciò che serve per far marciare una struttura con obiettivi così ambiziosi. Quando andai a parlare di Seconda Chance a via Arenula, la ministra Cartabia si stupì che in due anni avessimo fatto tutto da sole. Ci incoraggiò a partecipare a bandi pubblici in ambito carcerario e a chiedere il supporto di alcune Fondazioni private, ed è quello che faremo, oltre a confidare nelle donazioni, che speriamo ci arrivino numerose dal 5 x 1000. Quanto al mio, di lavoro, un lavoro che amo al di sopra di tutto, il mio direttore, Enrico Mentana, mi appoggia e mi incoraggia. Ogni tanto mi chiede se mi serve una mano, mi ha anche aiutato ad acquistare il dominio.

All’indirizzo info@secondachance.net – fa sapere la presidente dell’associazione – arrivano quotidianamente tantissime mail, una pioggia di richieste di aiuto, e risponde a tutti la volontaria che si sta occupando anche del sito in costruzione. Interagiamo con passione pure con i nostri interlocutori principali, i vertici di Rebibbia Nuovo Complesso, il direttore Rosella Santoro, il caporeparto del G8, l’ispettore Cinzia Silvano, e la responsabile dell’area educativa Rossana Scotucci.

Cosa prevede la legge

La Legge Smuraglia del 2000 offre sgravi fiscali e contributivi ai datori di lavoro che assumono detenuti da impiegare in qualsiasi ruolo: cuochi, camerieri, muratori, operai, idraulici, giardinieri, ma anche segretarie, parrucchiere, commesse. Un credito di imposta pari a 520 euro al mese, oltre alla soddisfazione personale di regalare una nuova opportunità, appunto una “seconda chance”, a chi ha sbagliato, sta finendo di scontare la sua pena e vuole rimettersi in gioco, con il via libera della struttura carceraria e l’avallo del magistrato di sorveglianza.

L’ex narcotrafficante diventato cuoco

È il caso, ad esempio, di un narcotrafficante che, uscito di galera dopo 21 anni per lavorare come cuoco, ha impiegato diverso tempo per adeguarsi all’euro, per capire come funziona la metropolitana e come usare il telefono cellulare (oggetto mai visto prima).

I detenuti che vengono scelti per il lavoro esterno hanno tutti storie complicate alle spalle, molti sono giovani cui è mancata nel tempo una guida salda di riferimento oppure che sono cresciuti senza genitori o in famiglie estremamente problematiche.

“Tanti imprenditori che contattiamo – rivela ancora Flavia Filippi – dicono chiaramente di non essere interessati al progetto. Ma quelli che hanno detto sì, che hanno deciso di aderire a quella che per noi è una filosofia di vita, una volta portati in carcere per i colloqui con i candidati, si sono letteralmente trasformati. Si sono accorti che i detenuti sono persone come le altre, solo che hanno sbagliato. Impresari edili, ristoratori, commercianti hanno toccato con mano che l’umanità esiste eccome, anzi dietro le sbarre abbonda. Hanno scoperto magari che chi ha commesso un determinato reato proviene dallo stesso quartiere di chi invece è stato più fortunato e ha messo in piedi un’attività imprenditoriale.

Ci sono stati casi di empatia meravigliosa. Aiutare gli ultimi è una cosa molto gratificante ma serve anche coraggio per farlo. Alcuni temono di giocarsi la reputazione, di buttare all’aria anni di sacrifici personali ed economici dando lavoro a un carcerato.

La gratificazione che questa attività regala è difficile da raccontare, andrebbe provata. I detenuti della sartoria di Viterbo mi hanno appena cucito e regalato una borsa con le iniziali ricamate. Tantissimi scrivono da tutta Italia, ‘grazie per averci portato un barlume di speranza’, ‘grazie perché solo tu hai raccolto le mie chiavi’, ‘ti avessi conosciuta prima la mia vita sarebbe stata migliore’, ‘con te non ho paura”. 

La vicepresidente di ‘Seconda Chance’ Alessandra Ventimiglia Pieri è altrettanto entusiasta. Oltre ad aver procurato numerose opportunità professionali ha organizzato in carcere corsi di grande successo: un tutorial di trucco per le venti detenute transessuali, una serie di lezioni su come ci si presenta a un colloquio di lavoro, una mattinata dal titolo “Stavolta il regalo ve lo facciamo noi” con due pasticcere che assieme ai detenuti hanno impastato e sfornato dolcetti di Natale da donare, a sorpresa, alle loro famiglie in questi giorni. 

Chi è coinvolto

‘Seconda Chance’ sta coinvolgendo Confindustria, Confartigianato, Terna, l’Istituto Superiore di Sanità, Conad Nord Ovest, lo chef Filippo La Mantia, il gruppo Palombini, la veleria di Prato MilleniumTech e tantissime altre imprese. Questa piccola squadra di volontari sta portando nelle carceri campi da basket e da tennis, corsi di bridge, di scacchi, di arte, di giornalismo, di gelateria. Al di là di Roma ‘Seconda Chance’ sta offrendo lavoro e formazione a Torino, Monza, Bollate, Opera, Venezia, Firenze, Pescara, Civitavecchia, Rieti, Frosinone, Velletri, Secondigliano, Reggio Calabria, Messina, Agrigento. Progetti in corso anche per Puglia e Sardegna.

Come è arrivata l’idea    

Ma a una cronista di giudiziaria com’è venuta questa illuminazione? “Conosco la garante dei diritti dei detenuti di Roma, Gabriella Stramaccioni – chiarisce Flavia Filippi -. Nelle carceri lei è una specie di mito, di istituzione. Due anni fa mi ha presentato l’allora Provveditore alle carceri del Lazio, Carmelo Cantone, e tutto ha preso il via. Ma da sempre, seguendo i processi e le inchieste di piazzale Clodio, vedevo tanti detenuti che magari non potevano permettersi un avvocato di grido ed erano costretti ad attendere in cella il loro destino giudiziario senza poter spiegare la propria posizione. Ho visto tanta gente finita in manette, alla fine anche assolta oppure condannata a pene davvero irrisorie, alla quale poi nessuno ha chiesto scusa”. 

Post simili: