Perché la statua di Indro Montanelli non è mai stata amata (forse nemmeno da lui)

AGI –  Sul loro profilo Facebook i ‘Sentinelli’ rilanciano: “Anche le statue fanno il loro tempo, e se negli ultimi anni Montanelli è stato un monumento vivente persino a sinistra, oggi è una statua fragile. L’aver rivendicato fino alla morte il colonialismo italiano e l’abitudine a poter usare liberamente il corpo di bambine africane non viene oscurato dalla fama che si è conquistato in tutto il resto della sua vita”.

Ma quella scultura in bronzo col giornalista ritratto con la sua epica ‘Lettera 22’ non ha mai avuto un tempo sereno nonostante il contorno di rocce grotte, laghetti e giochi d’acqua dove Indro Montanelli andava a passeggiare nei momenti di pausa dal lavoro. Del resto, venne realizzata dallo scultore Vito Tongiani proprio nel luogo dove il fondatore del ‘Giornale’ fu gambizzato il 2 giugno del 1977 dalle Brigate Rosse.

“I primi due – tre proiettili entrano nelle mie lunghe zampe di pollo. Non devastano nè ossa nè arterie. Ma sarebbero sufficienti per far cadere a terra qualsiasi cristiano – scriverà poi Montanelli –  In quegli attimi ricordo la promessa che avevo fatto a Mussolini, e a me stesso, quando, bambino, mi ritrovai intruppato nei balilla: “Se devi morire, muori in piedi!” Davanti a questi vigliacchi che non hanno il coraggio di affrontarmi in faccia, penso, non posso morire in ginocchio. E mi aggrappo alla cancellata dei giardini. Non sto in piedi sulle gambe, ma mi reggo dritto con la forza delle braccia. E quello continua a sparare e a centrare le mie zampe di pollo. Se mi fossi accasciato, se mi fossi inginocchiato davanti a lui, a quell’ora sarei morto”. Sempre in questo articolo, il cronista scrisse che al di là dei pacchi di telegrammi di solidarietà. “la notizia che in fondo mi fa più piacere è che in due salotti milanesi, quello di Inge Feltrinelli e quello di Gae Aulenti, si è brindato all’attentato contro di me e deplorato solo il fatto che me la sia cavata. Ciò dimostra che, anche se non sempre scelgo bene i miei amici, scelgo benissimo i miei nemici”.

statua Indro Montanelli 

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LEEMAGE

Indro Montanelli

Quando il 22 maggio 2006, a 5 anni dalla scomparsa, venne inaugurata la statua il primo a polemizzare contro fu, per paradosso, lo stesso Montanelli. Almeno nelle ricostruzioni di chi lo conosceva e stimava, rammentandone l’avversione per i monumenti alla memoria. “È come se l’avessero gambizzato una seconda volta”, disse il fotografo Oliviero Toscani, mentre secondo lo stilista Elio Fiorucci “sono riusciti a fargli da morto quel che da vivo non era riuscito a fare nessuno, cioé a metterlo in gabbia”.

“Come si può fare un monumento all’antimonumento? – si chiedeva il collega Francesco Merlo su ‘Repubblica’. – È proprio il monumento che non funziona. Ti vengono i brividi a vedere un finto Montanelli, un Montanelli che tradisce Montanelli, un’idea di Montanelli che è il contrario dell’ idea che tutti abbiamo di Montanelli, per giunta chiuso in un recinto che, nelle intenzioni dello scultore e del committente, vorrebbe ricordare la Stanza, che sulle pagine del Corriere della Sera era il luogo della libertà, dell’ evasione e della fuga, mentre qui è costrizione, è piccola prigione, è gabbietta rasoterra”.

Il sindaco di centrodestra Gabriele Albertini si difese così: «Mi è piaciuta ancora di più quando l’ho vista qualche giorno dopo, men sberluscenta, usando un’ espressione milanese. Aveva assunto un colore meno dorato, faraonico, luccicante e con il tempo sarà ancora più vicina a quella che era la personalità di Montanelli: molta profondità interiore e poca apparenza?”.

Col tempo invece più dei problemi estetici o di coerenza con la personalità di Indro, sono arrivati gli sbeffeggi e gli insulti ai suoi trascorsi in Eritrea dove fu volontario nella guerra coloniale voluta da Benito Mussolini e ‘comprò’ per qualche centinaia di lire la dodicenne Destà, “un animalino docile”, come lui stesso la definì in un’intervista televisiva a Enzo Biagi nel 1982. “L’avevo comprata – svelò – assieme a un cavallo e a un fucile, tutto a 500 lire”. 

L’8 marzo 2019, durante la manifestazione per la Giornata internazionale della donna, alcune attiviste del movimento femminista ‘Non Una di Meno’ hanno imbrattato con vernice rosa lavabile la statua giustificando così il gesto: “Non è vandalismo, ma una doverosa azione di riscatto”. Anche di recente è stato messo e poi tolto un cartello che rimandava a quella vicenda a coprire la targa della statua fino ad arrivare alla richiesta dei ‘Sentinelli’, associazione laica e antifascista, che sta spaccando la città. 

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