Qual è quest’anno la situazione degli sbarchi di migranti nel Mediterraneo

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Il tema dei migranti è stato centrale nella recente campagna elettorale e continua a esserlo anche all’indomani dell’esito delle urne. Il voto italiano ha certamente premiato un partito, la Lega, con una linea molto netta sull’argomento. Recentemente, il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha anche rivendicato di aver contribuito, tramite la politica dei porti chiusi, a ridurre drasticamente gli sbarchi e il numero di morti in mare. Tuttavia, il Viminale e l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) forniscono dati che segnalano una chiara riduzione degli approdi nel nostro paese già dalla seconda metà del 2017.

I dati dell’UNHCR mostrano una situazione attuale nel Mediterraneo molto diversa rispetto agli anni scorsi, soprattutto rispetto al 2015.

Solo nell’ottobre di quell’anno sbarcarono sulle coste europee del Mediterraneo più di 220 mila migranti, una cifra di fatto pari agli sbarchi annuali del 2014 e superiore al dato su dodici mesi sia del 2017 sia del 2018. Ma è bene ricordare che quei 220 mila arrivarono praticamente tutti in Grecia, che contò 211 mila sbarchi, mentre in Italia ne arrivarono meno di 9 mila. Il picco che vediamo nel grafico sotto, quindi, fu di fatto a carico delle coste elleniche.

Come vediamo dal grafico, la maggioranza dei migranti si sposta via mare, ma non mancano le persone che superano i confini dell’Europa mediterranea via terra. Anzi, negli ultimi mesi sono aumentati i passaggi dei confini terrestri di Spagna e Grecia. Il viaggio in mare è estremamente pericoloso, ma come vedremo molti rischi sono associati anche alla migrazione terrestre.

I flussi migratori in Italia, Spagna e Grecia

Italia, Spagna, Grecia, Malta e Cipro sono i paesi europei del Mediterraneo primariamente interessati dagli sbarchi e, nel caso di Grecia e Spagna, dai passaggi dei confini terrestri. I dati aggiornati al 29 maggio 2019 parlano di 26537 migranti totali transitati via mare (20 mila) e via terra (6500) nel bacino del Mediterraneo dal 1° gennaio 2019. La Grecia è il paese nel quale ne sono arrivati di più (13 mila, di cui 9200 via mare), seguita dalla Spagna (10 mila, 8200 via mare) e dall’Italia (1500 circa).

Guardando ai dati complessivi del 2018, invece, è stata la Spagna la principale porta d’approdo all’Europa via mare. Rispetto al triennio 2014-2016, in Italia e in Grecia sono nettamente diminuiti gli sbarchi, mentre sono aumentati in Spagna, che come abbiamo visto anche nei primi mesi del 2019 ha contato più approdi rispetto a quelli degli anni 2014, 2015 e 2016.

Nel 2016 l’Unione europea assegnò alla Turchia 3 miliardi di euro per gestire l’emergenza rifugiati sul proprio territorio cercando di alleggerire la pressione sulla Grecia. Nel 2017, il Governo italiano fece un accordo con la Libia – sulla scia di quello tra Berlusconi e Gheddafi nel 2008 – per un maggiore controllo interno della frontiera libica. L’accordo però ebbe come pesante rovescio della medaglia la permanenza o il ricollocamento di numerosi migranti nelle strutture di detenzione libiche, luoghi le cui condizioni sono spaventose. L’UNHCR ha riferito che in alcune strutture i detenuti hanno un accesso limitato al cibo, ed è stata denunciata anche un’epidemia di tubercolosi. Nel corso dell’anno si sono inoltre registrati diversi decessi nei centri di detenzione ufficiali.

Sempre l’UNHCR, nel rapporto “Desperate Journeys”, mostra con chiarezza come Spagna, Italia e Grecia siano i tre punti di approdo principali di tre differenti rotte nel Mediterraneo: una occidentale (Spagna), una centrale (Italia) e una orientale (Grecia). Non sono rotte esclusive, nel senso che ad esempio in Italia arrivano migranti provenienti dal Medioriente, ma certamente i tre paesi hanno una prevalenza nella provenienza dei vascelli. I flussi che partono da Marocco e Algeria ovest (rotta occidentale) vanno principalmente in Spagna; i flussi che partono da Algeria est, Tunisia e Libia (rotta centrale) sono quelli che riguardano maggiormente l’Italia; i flussi che si originano dalla Turchia e dai paesi del Medioriente (rotta orientale) interessano soprattutto la Grecia.

Il report afferma che “l’aumento degli arrivi in Spagna sembra riconducibile alla presenza di vari fattori, tra cui le maggiori opportunità offerte dai trafficanti, l’attrazione esercitata dal successo di altri, il bisogno di protezione internazionale e/o di ricongiungimento familiare per alcuni, le difficoltà insite nella traversata dalla Libia verso l’Europa, e le retate e le espulsioni in Algeria”.

Per quanto riguarda il Mediterraneo centrale, secondo l’UNHCR le recenti decisioni del Governo italiano hanno portato a “una combinazione della riduzione delle operazioni di ricerca e soccorso da parte di navi degli Stati europei al largo della costa libica, dell’aumento dei salvataggi e delle intercettazioni della Guardia costiera libica, e di ulteriori restrizioni per le ONG”, facendo sì “che alcune imbarcazioni con a bordo rifugiati e migranti si siano allontanate di più dalle coste libiche, navigando per oltre 100 miglia per oltrepassare la zona di ricerca e recupero libica e sbarcando direttamente a Malta e in Italia o venendo soccorse nelle zone di ricerca e recupero italiana e maltese, i primi avvenimenti ricorrenti di questo tipo da anni”.

La mortalità nel Mediterraneo

Nel 2018 sono stati 2277 i migranti dispersi o morti in mare. Quella centrale è da anni la rotta più pericolosa. Solo nel 2018 su questa tratta hanno perso la vita 1279 persone, contro le 811 della rotta occidentale e le 187 di quella orientale.

Nonostante i numeri drammatici riscontrati lo scorso anno, le morti in mare sono diminuite rispetto all’anno precedente, il 2017, quando si sono registrate nella tratta centrale ben 2874 morti, mentre sono nettamente aumentate tra il 2017 e il 2018 le perdite nella rotta verso la Spagna.

In termini assoluti, morti e dispersi nel Mediterraneo centrale sono diminuiti nel 2018 del 54% rispetto al 2017. Tuttavia, qui è aumentata significativamente la mortalità: nel 2018 è morta 1 persona ogni 14 arrivi dalla Libia, quando nel 2017 era una ogni 38. Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ciò è dovuto alla “significativa riduzione della complessiva capacità di ricerca e soccorso”.

Sebbene gran parte degli arrivi avvenga via mare, anche le rotte terrestri sono battute dai migranti, soprattutto ai confini della zona orientale dell’Europa mediterranea. I morti stimati via terra nel 2018 sono stati almeno 136 e le cause sono state diverse. La principale causa di morte via terra nel 2018 è stata l’annegamento durante l’attraversamento di fiumi, come l’Evros, fiume al confine tra la Turchia e la Grecia, nelle cui acque sono morte 27 persone. Un’altra causa di morte per i migranti che si spostano via terra sono gli incidenti d’auto o camion (31 casi nel 2018). 12 migranti sono inoltre morti mentre erano nascosti in auto, camion o treni. Altre cause di morte via terra sono investimenti da treno, aggressione da parte di gruppi criminali e condizioni meteorologiche avverse.

La demografia degli sbarchi

Il rapporto dell’UNHCR offre i dati dei migranti arrivati nel 2018 divisi tra donne, uomini e minori per Spagna, Italia e Grecia.

Gli uomini costituiscono la maggioranza dei migranti per la Spagna (78%) e l’Italia (72%), ma non per la Grecia (40%). Donne e bambini migrano comunque in numero inferiore, rappresentando una parte minoritaria dei flussi. In merito ai minori inoltre, è necessario fare un’ulteriore distinzione: tra essi infatti è presente un gran numero di minori non accompagnati. Nel 2018, dei minori arrivati ben il 77% in Spagna e l’83% in Italia faceva parte di questa categoria.

I minori non accompagnati sono minori che viaggiano soli, o perché hanno intenzione di raggiungere la famiglia d’origine già migrata in Europa, o perché inviati da soli dalla famiglia nel Paese di origine in cerca di fortuna all’estero, o perché vittime della tratta di esseri umani. I minori non accompagnati vanno incontro a maggiore possibilità di cadere vittime di abusi, violenze, sfruttamento e maltrattamenti per via della loro maggiore vulnerabilità. “Nel 2018, l’UNHCR e i suoi partner in Serbia hanno ricevuto segnalazioni di oltre 400 minori non accompagnati respinti dagli Stati confinanti. Oltre 270 minori hanno riferito di non aver potuto accedere alle procedure di asilo e 90 di aver subito violenze fisiche”, segnala il rapporto dell’UNHCR.

In Italia sono arrivati lo scorso anno circa 3500 minori non accompagnati, che rappresentano circa il 15% degli arrivi totali dell’anno. Le stime per Spagna e Grecia relativamente al 2018 sono rispettivamente di circa 5500 e 1900 bambini. La situazione di questi minori è critica in Spagna e a Malta, dove le condizioni di accoglienza non sono adeguate secondo il rapporto dell’UNHCR, e ancor di più lo sono in Grecia, dove solo un minore non accompagnato su tre aveva accesso l’anno scorso ad adeguata assistenza.

Spesso il sovraffollamento dei centri di accoglienza rende la permanenza dei minori ancora più difficile, come avviene anche a Lampedusa, dove non è sempre garantita la separazione dei minori non accompagnati da adulti con cui non hanno legami. Secondo il rapporto, però, il 61% delle domande di asilo da parte dei circa 8500 minori non accompagnati presenti in Italia è stata accettata e il loro trasferimento da Lampedusa alla terra ferma risulta leggermente accelerato.

Le nazionalità di provenienza dei migranti

La maggior parte dei migranti in arrivo sulle coste italiane parte dalla Libia, ma nella maggior parte dei casi si tratta di persone che provengono anche da Paesi molto lontani del continente africano. I paesi costieri, infatti, sono un approdo intermedio per rotte migratorie terrestri che attraversano l’Africa centrale. I viaggi terrestri sono anch’essi lunghi e pericolosi. Secondo “Desperate Journeys”, le terre di origine dei migranti vengono lasciate per condizioni di vita pessime dovute a conflitti, insicurezza e violazioni dei diritti umani (come accade in Mali, Siria, Afghanistan, Iraq, Sudan, Camerun, Nigeria e Somalia). Altre cause sono il reclutamento forzato e altre violazioni dei diritti umani, come accade in alcune aree dell’Africa orientale.

Inoltre, i rifugiati e i migranti intervistati da UNHCR hanno riferito di abusi subiti dai trafficanti durante il passaggio dalla Libia, passaggio che spesso si è tramutato in detenzione a scopo di estorsione attraverso violenze, sfruttamento, torture e lavori forzati, durati anche diversi mesi. Eritrea, Sudan e Nigeria sono i paesi di provenienza più frequenti per chi passa attraverso la Libia per approdare sulle coste europee.

Per quanto riguarda le nazionalità di provenienza più frequenti dei migranti che approdano in Italia, Spagna e Grecia la tabella mostra come esse siano differenti tra i tre paesi.

In Italia il Paese di provenienza più comune per i migranti arrivati nel 2018 è stato la Tunisia, con 5200 arrivi, seguita da Eritrea e Iraq. Anche nel 2019 il primato degli arrivi dalla Tunisia sulle coste italiane si è mantenuto, con il 34% di migranti provenienti da quel paese, mentre il secondo posto è quest’anno occupato invece dall’Algeria.

La Spagna nel 2018 ha visto arrivare circa 13 mila migranti dal Marocco e altrettanti dalla Guinea, seguiti da 10300 migranti dal Mali, e finora anche nel 2019 si conferma la tendenza.

La Grecia presenta una situazione ancora differente: nel 2018 sono infatti giunti circa 9000 migranti dall’Afghanistan, 7900 dalla Siria e 5900 dall’Iraq. I tre Paesi da cui arrivano la maggior parte dei migranti sono rimasti gli stessi nei primi mesi del 2019.

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