Ricoverato col colera, è il primo caso in Sardegna dal 1973

AGI – Un pensionato di 71 anni, primo caso di colera in Sardegna dall’epidemia del 1973, è ricoverato da circa una settimana a Cagliari nel reparto di Malattie infettive dell’ospedale Santissima Trinità. Le sue condizioni sono stabili e non presenta più sintomi, secondo quanto apprende l’AGI.

La situazione è al vaglio della Asl di Cagliari d’intesa con quella di Sanluri, da cui proviene il paziente, e che si era rivolto inizialmente a una guardia medica di Arbus (Sud Sardegna) per disturbi gastrointestinali. Sarà attuato un protocollo di tracciamento, a cura del servizio di Igiene pubblica, per individuare la catena di contagio nel territorio di provenienza del pensionato.

Quando è arrivato nel reparto di Malattie infettive, il pensionato non era grave, benché accusasse sintomi, seppure non molto marcati, da diversi mesi, in concomitanza con una patologia cronica intestinale di cui soffre. “È stata sufficiente una terapia essenzialmente reidratante più una antibiotica”, rassicura il primario Goffredo Angioni, interpellato dall’AGI.

“Le sue condizioni sono ulteriormente migliorate, quindi dal punto di vista clinico il paziente sta decisamente meglio. Molto probabilmente verrà dimesso a breve”. Il vibrione del colera è stato individuato solo la scorsa settimana, dopo l’esame delle feci del paziente.

I sintomi del colera

In generale, al di là di questo caso, il periodo d’incubazione della malattia è breve, “due-cinque giorni”, spiega Angioni, “per cui si riesce a fare anche un’associazione temporale con l’eventuale fattore di rischio”, per esempio i frutti di mare crudi.

“Il sintomo classico è una diarrea profusa; si arriva anche a 30-40 scariche al giorno, anche di più, con emissione di piccole quantità di feci però molto frequenti”, aggiunge il primario di Malattie Infettive. “Poi si può avere anche qualche episodio di vomito, mentre generalmente non si ha febbre”.

Il colera può essere anche asintomatico. “Nei Paesi dov’è endemico – essenzialmente India e Sudest asiatico – tre casi su quattro non sono sintomatici”, prosegue Angioni, che ricorda le condizioni che possono aver contribuito al ripresentarsi della malattia. Un fattore è il caldo.

Il fattore caldo

“Ci sono lavori scientifici che già da diversi anni hanno collegato l’attività del plancton di cui si nutre il vibrione a un aumento della temperatura del mare“, spiega lo specialista in malattie infettive. “Peraltro, la patologia è caratteristica della stagione estiva, cioè quando c’è una ripresa dell’attività planctonica, quindi del vibrione che si moltiplica e a quel punto può colonizzare e infettare, ad esempio, i frutti di mare che se assunti crudi possono trasmettere la patologia. Oppure, in Paesi come quelli del Sudest asiatico, la diffusione si deve alla mancanza di sistemi fognari adeguati, che favorisce il terreno in cui il batterio si moltiplica”. 

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