Ripreso mentre picchia la dipendente che chiede la paga e il video diventa virale

AGI – Chiede di essere pagata per il suo lavoro, ma viene presa con schiaffi e con calci e riprende in diretta tutta la scena con il suo cellulare: è accaduto a una ragazza nigeriana in uno stabilimento balneare a Soverato, nota località turistica in provincia di Catanzaro.

La vicenda è stata resa nota e rilanciata sui social dal gruppo “Il pagamento? Poi vediamo-Osservatorio sullo sfruttamento in Calabria”, che ha ripreso il video della giovane, video diventato nel frattempo virale.
Nel video si sente la giovane chiedere “dove sono i miei soldi?” e ricevere come risposta: “Non ti preoccupare, ci sono gli avvocati e adesso arrivano i Carabinieri, qui è casa mia”, poi seguono fasi concitate con la nigeriana che viene colpita e spintonata.

La vicenda ha suscitato la ferma condanna della segreteria regionale della Filcams Cgil Calabria, che sta organizzando per oggi pomeriggio a Soverato un flash mob.

“Quello che a noi pare chiaro – sostiene la Filcams Cgil – è che questo episodio – che purtroppo episodio non è vista deregulation diffusa nel settore turistico – è frutto di una cultura del disprezzo di ciò che è pubblico, delle leggi e dei contratti di lavoro. Questa situazione ha dei responsabili, naturalmente, poiché nonostante le denunce chi deve occuparsi di far rispettare le regole, si gira sempre da qualche altra parte. È indecente vivere in un Paese dove chi lavora subisce ancora certi trattamenti. La Calabria ed il turismo non decolleranno mai se la sua economia continuerà ad essere fondata sul lavoro nero, su imprenditori casalinghi che non pagano le tasse e non rispettano i contratti di lavoro. La Filcams Cgil Calabria – conclude l’organizzazione sindacale – sta cercando di contattare questa lavoratrice, alla quale va la nostra totale solidarietà, per chiederLe il mandato a rappresentarla ed assisterla in tutte le sedi per ottenere ciò che le spetta. A lei dovranno essere riconosciuti tutti i suoi diritti calpestati da gente che non merita di occupare un bene pubblico”. 

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