Storia di Mario Francese, giornalista ucciso dalla mafia 40 anni fa

“Mario Francese è morto perché ha detto ciò che non doveva dire, secondo l’ordine stabilito da Cosa nostra, e ha scritto ciò che per i mafiosi non doveva essere scritto e portato alla coscienza di tutti”. 

Quaranta anni dopo l’omicidio di Mario Francese, avvenuto la sera del 26 gennaio 1979, per comprendere le motivazioni che spinsero i killer a fare fuoco sul giornalista siciliano, basta rileggere queste parole che costituiscono uno dei passaggi più salienti della requisitoria di Laura Vaccaro, la Pm del processo che, soltanto anni dopo e grazie alla testardaggine dei figli Giulio e Giuseppe, portò alle condanne a 30 anni per tutti gli imputati.

Mandanti ed esecutori

Negli anni Duemila fu tutta la cupola a finire a giudizio, da Salvatore Riina a Francesco Madonia, passando per Michele Greco, Antonino Geraci, Giuseppe Farinella, Matteo Motisi, Pippo Calò e imputati per essere stati i mandanti Leoluca Bagarella e Giuseppe Madonia. 

Quella sera di quarant’anni fa Mario Francese aveva finito la sua giornata alla redazione del “Giornale di Sicilia”. Giunto sotto casa era appena sceso dall’auto quando il killer di cosa nostra, Leoluca Bagarella, gli sparò con una calibro 38 alle spalle. Da quel giorno, e prima delle condanne dell’11 aprile 2001, in pochi rimasero accanto alla famiglia Francese. Per anni si disse: “La mafia non c’entra nulla”.

La lotta dei figli per la verità

La storia di Mario Francese era stata relegata all’oblio e nemmeno le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo – che raccontò ai magistrati che era stato assassinato da Cosa Nostra perché dava fastidio con i suoi articoli – erano sufficienti per aprire il caso. Serviva qualcosa di più. E quel “qualcosa in più” arrivò con la determinazione e l’impegno dei figli.

Giuseppe Francese, il figlio più piccolo di Mario, si rimboccò le maniche e iniziò a ricostruire l’attività del padre attraverso i suoi articoli. Il suo obbiettivo era di trovare dei collegamenti tra gli appalti della diga Garcia, l’omicidio Russo e gli attentati al caporedattore e direttore del giornale di quel tempo.

Nel quarantesimo anniversario dalla morte di Mario Francese è giusto ricordare anche Giuseppe che, subito dopo le condanne dell’intera Cupola per l’omicidio del padre, decise di aver esaurito il suo compito su questa Terra e pose fine alle al dolore iniziato la sera di quando era bambino, con il rumore di colpi sparati sotto casa. 

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