Come funziona ActiveTrak, il software che misura il tempo perso dai dipendenti su Internet

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È chiaro che i progressi compiuti dalla tecnologia prima o poi pongano la società dinanzi a dilemmi che coinvolgono anche l’etica. Fino a che punto è giusto utilizzare i superpoteri dell’evoluzione tecnologica, per esempio, per controllare, di fatto, minuto per minuto i propri dipendenti? Questa è una di quelle problematiche che parte del mercato del lavoro sta già affrontando e che appare inevitabile che prima o poi diventerà fonte di discussione necessaria e centrale per tutti.

Il Wall Street Journal ha pubblicato un articolo che racconta proprio quali sono i risultati nelle aziende con l’utilizzo del famigerato ActivTrak, un software che è in grado di monitorare il lavoro dei dipendenti in maniera discretamente precisa. Come promosso sul sito, ActivTrak è facile da installare e da utilizzare, pochi minuti e il software svolgerà il suo lavoro: “L’agente invisibile ActivTrak traccia e misura l’attività lavorativa. Questo set di dati imparziali include nomi utente, barre del titolo dell’applicazione, URL del sito Web, durata dell’attività, schermate, tempo di inattività e attività USB”, insomma tutto ciò che è possibile fare con un computer.

Brian Dauer, direttore della Ship Sticks, a West Palm Beach, in Florida, compagnia che trasporta equipaggiamenti sportivi e altri bagagli, sentito dal Wall Street Journal, dichiara di cominciare le sue giornate in ufficio con una tazza di caffè e la lettura dei dati restituiti da ActiveTrak, “Se qualcuno sta navigando su ESPN.com per cinque minuti, lo vedremo. Il software tiene traccia di ogni piccola cosa che accade sul computer – dice Dauer – ma non siamo il Grande Fratello” ci tiene a specificare (riferito evidentemente al romanzo “1984” di George Orwell, non allo show televisivo).

Eppure ogni mattina, sorseggiando il suo caffè, Dauer controlla tutti i siti consultati dai suoi dipendenti, minuto per minuto. Ma quali sono i risultati di tale monitoraggio? Ottimi. La Ship Sticks ha avuto una crescita costante, oggi conta circa 80 dipendenti, e tutto ciò, secondo il suo direttore, dovuto al controllo perenne del lavoro degli impiegati. Ma il sistema è molto più diffuso di quanto possiamo immaginare: gli ospedali americani grazie a software di questo tipo riescono a contare quante volte al giorno gli infermieri si lavano le mani, nell’ospedale AdventHealth Celebration, in Florida, riescono addirittura, tramite GPS, a sapere dove si trovano e cosa stanno facendo.

I ristoranti con lo stesso sistema controllano quali camerieri vendono più cibo ai clienti, i conducenti che lavorano per United Parcel Service Inc. e Uber Technologies Inc. vedono costantemente tracciata la loro velocità per aumentare l’efficienza e la sicurezza. E questa è la scusa più utilizzata: efficienza. Tutte le aziende contattate ci tengono a dire che il metodo viene utilizzato più per avere le idee matematicamente chiare al momento di decidere chi promuovere e chi no, e che il metodo non è mai stato utilizzato per punire alcun dipendente. Scrive sempre il Wall Street Journal: “Di aziende con sede negli Stati Uniti, in Europa e in Canada, il 22% dei datori di lavoro intervistati dichiara di raccogliere dati sui movimenti dei dipendenti, il 17% raccoglie dati sull’utilizzo del computer di lavoro, il 13% raccoglie dati sull’addestramento dei dipendenti e il 7% tiene sotto controllo le e-mail degli impiegati”.

Come sostiene Brian Kropp, capo della ricerca sulle risorse umane per Gartner, azienda che si è occupata del suddetto sondaggio, siamo passati dalla raccolta dei dati sui clienti a quella sui lavoratori, quel che è certo, aldilà delle teorie complottiste più spicciole, è che il mercato è gestito con delle logiche precise, algoritmi dettagliati che di noi dicono tutto, ben oltre quello che possiamo immaginare.  Detto ciò, se da un lato risulterà, come già detto, necessario un ragionamento sui limiti tra legittimo controllo e privacy del dipendente, dall’altro bisogna prendere in considerazione i risultati ottenuti da queste prime sperimentazioni.

Per esempio, nel 2016 Sagar Gupta, vicepresidente esecutivo di Biorev, una società di visualizzazione 3D con sede a Dallas, stufo dello scarso rendimento dei propri dipendenti, ha deciso di affidarsi ad ActivTrak, scoprendo che lavoravano solo tre ore in tutto il giorno. Certo, tra datore di lavoro e dipendenti è giusto che si instauri un rapporto di fiducia ed è altrettanto vero che sono molte le società, specie nel Nord Europa, che stanno rivoluzionando il mercato del lavoro abolendo il classico orario di ufficio e giudicando i dipendenti esclusivamente dai risultati portati a casa, a prescindere dalle ore che li vede impegnati; ma se i dati ci dicono che i lavoratori controllati risultano essere regolarmente più efficienti, allora vuol dire che qualcosa in quel patto di fiducia tra capo e dipendente va storto, e non può essere sempre colpa del Grande Fratello.

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