“Così naufragò il piano pandemico del 2018”. Il racconto dall’interno del Ministero della Salute.

AGI – Furono “la lentezza e la poca sensibilità degli italiani che vedono i piano strategici come delle tesine, dei lavori bibliografici” a far naufragare il progetto di un nuovo Piano pandemico avviato nell’agosto del 2018 con un ‘Appunto’ mandato via mail dalla Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della Salute all’allora ministro Giulia Grillo  in cui si esplicitava “la necessità di predisporre un nuovo Piano nazionale di preparazione e risposta alla pandemia”. Lo racconta all’AGI una fonte del Ministero che preferisce tenere l’anonimato e che ha assistito a tutte le fasi dell’iter del mancato piano, uno degli aspetti al centro dell’indagine della Procura di Bergamo sulla gestione del Covid.

La riunione con gli esperti dell’Oms, poi lo stop 

Nei giorni scorsi, il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri, ha chiesto le dimissioni di alcuni dirigenti del Ministero accusati con la loro “sciatteria” di aver tenuto ‘fermo’ il Piano al 2006. I magistrati hanno nel loro fascicolo anche questo ‘Appunto’ dal quale si evince  che già nel 2017 analoga “necessità” di redigere un documento di pianificazione venne fatta presente al precedente ministro Beatrice Lorenzin.

Nel settembre del 2018, racconta la fonte, venne organizzata una riunione tecnica con gli esperti dell’Oms chiamati presso il Ministero per chiarire quali fossero le linee guida per partire: “Da queste emergeva che la pandemia non veniva considerata solo un problema della sanità, ma dell’intera società, quindi il problema andava condiviso con altri Ministeri, come quello degli Interni e dei Trasporti, con le forze sociali, con l’Inail, l’Aifa, i lavoratori del settore sanitario”.

Poi, sempre stando alle indicazioni dell’organizzazione mondiale della sanità, “occorreva pensare a modelli statistici e matematici più evoluti ed era venuta fuori la criticità della mancanza di un piano di comunicazione pandemico. In effetti, abbiamo visto cos’è successo senza”.

“Regione, medici di famiglia e farmacisti in ritardo”

E’ qui che, secondo questa testimonianza, il cammino del nuovo Piano si incaglia. “A fatica – prosegue – entro marzo si riescono ad avere i nomi per formare i gruppi. Ad aprile si stabiliscono i principi in base ai quali devono lavorare”.

Si arriva all’estate del 2019, poi  “a settembre viene convocato un incontro internazionale per fare un’esercitazione pandemica. Viene gente da tutto il mondo e in un paio di giorni si completano gli aspetti formali e tecnici”.

C’è, in questo momento, una bozza del Piano, in merito alla quale ciascun gruppo di lavoro è chiamato a mandare i  propri contributi al Ministero della Salute ma a gennaio del 2019  “mancano ancora quelli delle Regioni, dei medici di famiglia e dei farmacisti”. Il resto è storia recente. Il piano influenzale resta quello del 2006 che, in ogni caso, dice la fonte, “non sarebbe servito per il Covid_19 che è una malattia che si cura in modo diverso dall’influenza”.

Secondo il Comitato dei familiari delle vittime e i primi riscontri, ancora in corso, della Procura, l’Italia avrebbe dovuto aggiornare il Piano recependo le molteplici indicazioni provenienti dall’Oms, predisponendo una serie di misure, come l’ampliamento delle terapie intensive, che avrebbero aiutato anche nel contrasto al Covid_19.  Il dato certo è che un piano per la ‘Prevenzione e risposta al Covid_19’ arriva solo alla fine di settembre.                      

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