La catena di eventi che ha portato alla morte di Cerciello

Carabiniere ucciso ultime parole

Alessandro Serranò / Agf

Il luogo in cui è stato ucciso il carabiniere Mario Rega Cerciello  

Mario Cerciello Rega e Andrea Varriale erano insieme già dalle parti di piazza Mastai, a Trastevere, la notte del 26 luglio scorso. Il vicebrigadiere che dopo poche ore sarebbe stato ucciso e il suo collega erano in servizio dalla mezzanotte, in borghese, nella zona della movida romana, già monitorata da altri quattro giovani carabinieri fuori dal servizio.

E’ quanto emerge dagli accertamenti condotti dalla procura di Roma. Sono proprio i quattro colleghi, intorno all’1 e 30, a fare il primo intervento, nei pressi del cinema Alcazar, quando notano Sergio Brugiatelli, l’uomo al quale poco dopo verrà rubato lo zaino lasciato incustodito in piazza Mastai, in compagnia di uno dei due californiani alla ricerca di droga.

Ad aspettarli c’è il pusher Italo Pompei che, incassati i soldi (100 euro), cede un involucro di carta stagnola allo straniero. La scena non sfugge ai militari che intervengono: l’americano consegna subito la busta dicendo che è tachipirina e si allontana con Brugiatelli verso piazza Mastai. I carabinieri, invece, sottopongono Pompei a un controllo.

Poco dopo le 2, si legge anche nell’ordinanza con cui il gip Chiara Gallo ha convalidato il fermo dei due americani, il vicebrigadiere Cerciello Rega viene contattato sulla propria utenza cellulare dalla centrale operativa del Comando Gruppo di Roma che fornisce a lui e a Varriale una nota di intervento presso piazza Gioacchino Belli informandoli che Brugiatelli dopo il furto della zaino ha subito anche un tentativo di estorsione.

Ai due Brugiatelli racconta di aver usato il telefono di un amico per chiamare più volte il proprio cellulare – che i ladri gli hanno rubato insieme allo zaino. L’uomo dice di aver parlato con una persona di sesso maschile il quale, con accento inglese, gli ha chiesto dei soldi per restituire lo zaino.

Un’ora piu’ tardi, poco dopo le 3, il vicebrigadiere viene accoltellato a morte, nella colluttazione con il 19enne Finnegan Elder Lee, nell’appuntamento che lui e il connazionale Christian Gabriel Natale Hjorth danno in via Cesi a Brugiatelli per la restituzione della borsa in cambio di un grammo di cocaina e di 100 euro. 

La convalida ricostruisce anche gli ultimi momenti di vita di Cerciello e le sue ultime parole: “Mi hanno accoltellato”. “Mario urlava ‘fermati’ al ragazzo che lo colpiva” ha riferito Varriale, “mentre quelli fuggivano, lui perdeva sangue”. Lo stesso Lee a raccontato al pm che mentre il vicebrigadiere lo teneva fermo “non ha mai estratto la pistola”. 

Per il Gip Lee non poteva non aver capito di aver a che fare con due uomini delle forze dell’ordine. “Tutte queste circostanze escludono che Elder non abbia compreso che i due (carabinieri, ndr) che tentavano di fermarlo fosse dei poliziotti (d’altro canto l’intervento della polizia durante il compimento di un’azione delittuosa come quella che gli stessi stavano ponendo in essere non poteva essere ritenuta una circostanza imprevedibile), dall’altro appaiono comunque del tutto incompatibili con i presupposti della legittima difesa, posto che le coltellate al torace sono state sferrate contro un uomo disarmato (“mentre mi teneva fermo non ha mai estratto la pistola”), che evidentemente già dopo i primi colpi era in difficoltà, in assenza di una vera e propria aggressione (come dimostrato dall’assenza di alcun tipo di segni sulle persone degli indagati) e durante il compimento di una azione delittuosa per la cui riuscita Elder si era premurato di presentarsi armato di coltello”. Lee si era portato l’arma dagli Stati Uniti, hanno fatto sapere gli inquirenti, in una valigia imbarcata nella stiva.

Sempre secondo il decreto di convalida, è “pacifico” che l’autore del delitto sia Finnegan Lee Elder, il 19enne in vacanza a Roma con il coetaneo Gabriel Christian Natale-Hjorth. Quest’ultimo, secondo la deposizione di Lee, avrebbe poi nascosto il coltello nel controsoffitto della camera del Visconti Meridien nel quale i due soggiornavano.

“Nessuno dei due indagati ha dimostrato di aver compreso la gravità delle conseguenze delle proprie condotte, mostrando un’immaturità eccessiva anche rispetto alla giovane età e al grado di violenza che connota le condotte di entrambi” scrive il Gip, “e testimoniano la totale assenza di autocontrollo e capacità critica evidenziandone la pericolosità sociale”.

I due californiani “erano alla ricerca di sostanze stupefacenti nel corso della serata e che entrambi avevano bevuto alcol”. E, queste circostanze, valutate insieme alle condotte, “testimoniano incapacità critica dei due coindagati”, e di conseguenza rendono evidente la loro “elevata pericolosità sociale”. 

I due americani – si legge “sono stabilmente residenti all’estero, presenti in Italia occasionalmente e sorprese dalla polizia giudiziaria in procinto di lasciare l’albergo subito dopo avere commesso i delitti in contestazione, condotta quest’ultima che non può non ritenersi finalizzata a far perdere le proprie tracce”. Da qui il pericolo di fuga come uno degli elementi per convalidare il fermo

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