Sarà il basket a salvare il mondo?

Sarà il basket a salvare il mondo?

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Il basket salverà il mondo? Questa è il tema delle lezioni universitarie di business administration del professor David Holander, che sta trasferendo lo sport dei canestri dalla strada alle aule della New York University, non come scatti, dribbling, salti e tiri, ma come significato e ruolo del gioco, come esercizio e intrattenimento. “Il basket sembra una delle poche cose che mette d’accordo tutti, nel mondo. Anche le società più chiuse, come la Corea del Nord, che non amano intrusioni, hanno accolto un gruppo di giocatori di basket e Dennis Rodman”.

Il documentario “Pallacanestro: una storia d’amore” trasmesso dal canale tv ESPN – dieci ore divise in cinque parti – ha dato lo spunto all’approfondimento cattedratico, dal tema: “Come il basket può salvare il mondo: esplorazione della società, della politica, della cultura e del commercio attraverso il gioco”. Che poi è un vero e proprio corso che dà quattro crediti dalla sessione estate 2019, cioé il periodo in cui la post-season NBA si surriscalda, ed attira l’attenzione degli studenti universitari e laureati.

La concorrenza col calcio è impossibile, almeno come popolarità. Infatti, il presidente FIFA, Gianni Infantino, spera che il pallone possa essere determinante nel riportare la pace anche in Medio Oriente, sulla scia dei mondiali di Calcio del 2022 in Qatar. Ma Dan Klores, il regista del documentario in programmazione su Espn, suggerisce che lo sport dei canestri, inventato negli Stati Uniti dal canadese James Naismith nel 1891, che oggi viene giocato da 300 milioni di persone in Cina, abbia un potenziale sempre maggiore e dai confini imprecisabili.

“È diventato il comune denominatore mondiale, una delle cose che possiamo condividere tutti e che apre tutte le porte, le opportunità e le culture. Perché si basa su personaggi che bucano tutti i giorni le nostre televisioni. Personaggi che si tramandano di padre in figlio, replicando situazioni di gioco semplici, ormai note”.

L’opera non è la storia del basket. “Ci vorrebbero 80 ore”, suggerisce sempre il regista. Ma un collage di 62 corti che attraversa tanti momenti diversi di questo sport, dagli albori all’era moderna, mette insieme i frammenti del basket, dal college alla ABA, dalla scena internazionale a quella femminile a, ovviamente, l’NBA. Il messaggio è che il successo e quindi lo sviluppo della pallacanestro partono dalla tecnica, dalla tattica e dalla fisicità, ma attraversano e valorizzano elementi importantissimi come unità, condivisione, comportamento, impegno, rispetto del proprio fisico, dei compagni e dell’avversario. Elementi fondamentali per i giovani.

Il gioco, del resto, che è stato importantissimo per l’integrazione di irlandesi ed ebrei nelle aree urbane degli Stati Uniti, ha rappresentato un vero e proprio orgoglio nazionale per i paesi dell’ex Cortina di Ferro, per la disgregata Jugoslavia, dalla Lituania alla Serbia, alla Croazia, alla Slovenia. E oggi ha consentito un primo dialogo Usa- Nord Corea, grazie all’amicizia fra Rodman e Kim Jong Un. Diventando quindi anche anche una chiave prettamente politica.

Per realizzare il documentario, Klores e la sua squadra hanno setacciato oltre 500 ore di interviste di persone connesse al basket. Il materiale raccolto diventerà presto libro di testo scolastico, verrà diffuso anche in altri college e verrà proposto pure alla high school. Proprio perché trasmette valori positivi che si tramandano nel segno di uno sport così amato e popolare. È di facile comprensione da parte di tutti, fa riferimento a personaggi noti. Quelli cui i ragazzi darebbero pure il proprio voto alle elezioni. Oggi, come ieri.

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