Il basket italiano si arrende al virus 

La sirena suona e la partita finisce. Il basket italiano ha preso una decisione coraggiosa ma inevitabile: niente supplementari e stagione definitivamente chiusa. Staccare la spina per ripartire più forti dopo l’estate sperando che la pandemia, nel frattempo, si trasformi in uno spiacevole ricordo. La notizia era nell’aria da diverse settimane ma ora, con una nota ufficiale sul proprio sito, la Federazione (FIP) l’ha messa nero su bianco. Scudetto non assegnato e stop alle retrocessioni. La composizione dei nuovi campionati, Serie A e A2, sarà comunicata nelle prossime settimane. E non sarà solo una questione sportiva perché sarà l’altra crisi, quella economica, a decidere chi avrà la forza di iscriversi e continuare a proferire il verbo la pallacanestro lungo tutto lo stivale.

Quella annunciata dal massimo organo nazionale, e ribadita dalle parole del Presidente Gianni Petrucci a Sky Sport nella serata di martedì, è una decisione “severa ma giusta”. Severa perché priva gli appassionati, pochi rispetto al calcio ma pazzi d’amore per questo sport, dello spettacolo di fine stagione: dal rush finale verso la post-season al clima infuocato, in alcuni casi letteralmente infuocato, che i palazzetti italiani sanno da sempre regalare tra maggio e giugno durante i playoff. Ma anche giusta perché i punti interrogativi erano troppi e i rischi eccessivamente elevati.

Giocare a porte chiuse, l’opzione B, era affascinante solo per gli amanti dei rumori da parquet. Lo stridio delle scarpe sul legno, il suono irregolare del rimbombo del pallone, gli schemi offensivi urlati insieme ai cambi difensivi. Tutto estremamente ovattato senza le curve, i cori, le bandiere, gli applausi e i fischi. No tifo, no party. Le porte serrate, del resto, sarebbero state un incubo anche per i ragionieri delle squadre di serie A che, senza gli introiti derivanti dai biglietti strappati ogni weekend, avrebbero fatto davvero fatica a far quadrare i conti.

I giocatori, poi. Molti americani ripartiti per stare vicino alle famiglie al di là dell’oceano erano in attesa di ricevere lumi sull’eventuale ritorno. Ma c’era anche chi aveva già salutato strappando il. biglietto aereo di ritorno e chi, in fondo, iniziava già a pensare al prossimo anno e al prossimo ingaggio.

Certo, la stagione non è finita per l’Olimpia Milano visto che l’Eurolega non ha ancora deciso quando e come ripartire. E neanche per la Virtus Bologna e la Reyer Venezia che attendono novità per riprendere il loro cammino in Eurocup. Per i felsinei regalare una finale europea, e la conseguente prospettiva di salire di livello dalla prossima stagione, potrebbe essere la spinta decisiva per dimenticare di essere stati a lungo i dominatori della regular season di questa sfortunata annata italiana.

Ora la partita si giocherà fuori dal campo: quanti sponsor, dopo questa batosta, saranno disposti a continuare il loro impegno all’interno del mondo della pallacanestro? Quali risorse alternative si possono trovare per non far sparire società gloriose? Quali risorse l’intero movimento può mettere “in campo” a settembre per riempire, speriamo, i palazzetti? Come si può promuovere meglio il prodotto basket in termini di diritti televisivi e comunicazione negli anni a venire? Davanti a queste domande, molto più importanti dell’esito di una sola stagione, il semaforo rosso per il basket sembra essere la decisione più giusta. Severa, ma giusta.

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