Silvia Romano torna a casa, si valuta se proteggerla dopo gli insulti social

Il primo giorno a casa di Silvia Romano è di festa e preoccupazione.

C’è l’immagine della ragazza sorridente che si affaccia dalla finestra con la mano sul cuore per ringraziare gli amici del quartiere, accorsi per il suo ritorno dopo 18 mesi di prigionia in Kenya, ma anche quella di quattro auto della polizia e tre dei carabinieri di fronte all’ingresso per proteggerla dopo gli insulti subiti via social.

Poco dopo le cinque del pomeriggio, la 24enne cooperante arriva su un’automobile grigia assieme alla madre e alla sorella accolta da applausi, fiori, cartelli e palloncini ai balconi del Casoretto, quartiere alla periferia nord est di Milano di 20mila abitanti, ma con una dimensione ancora molto ‘paesana’ attorno alla bella chiesa romanica. Non c’è a salutare il parroco, don Enrico, che per lei, musulmana convertita durante il sequestro, aveva suonato le campane al ritorno in Italia.

“C’era troppa gente, ma prima o poi voglio incontrarla”, dice il religioso, da dieci mesi alla guida della comunità di fedeli, riferendosi all’assembramento dei giornalisti che ha fatto ‘saltare’ le regole del distanziamento imposte dal virus per molte ore. “Per averla festeggiata con le campane – spiega – ho subito qualche critica anche dagli amici. Mi hanno detto che ho trasformato il campanile in minareto, il problema è che la gente non pensa, ma semplifica realtà complesse”.

Prima di entrare nel palazzo, Silvia, che dovrà rispettare 14 giorni di isolamento domiciliare, dice poche parole: “Sto bene, rispettate questo momento” e poi s’infila nell’intimità degli spazi dov’è cresciuta. Un quarto d’ora dopo fa quello che tutti si aspettano e si affaccia dalla finestra per ringraziare e ricevere altre manifestazioni di affetto. A chi le chiede come sta, mostra il pollice su e manda un bacio.

È vestita come ieri, con l’abito tradizionale somalo verde e il velo che le copre il capo. Un’immagine che, assieme all’annuncio della “conversione all’islam per libera scelta”, ha suscitato critiche anche feroci sui social che sono al vaglio della Procura di Milano. Così si spiega lo schieramento di una decina di esponenti delle forze dell’ordine che, riferisce una loro fonte, sono in attesa di sapere  dalla Prefettura se restare a ‘guardia’ dell’abitazione in modo stabile per un periodo da determinarsi. Sulla conversione, don Enrico ha fatto le sue ipotesi: “Nessuno della famiglia è credente e praticante, nemmeno lei, che è stata in oratorio fino a 12 anni, poi ha seguito la sua strada. Le voglio bene lo stesso. Negli anni ’70 quando la gente tornava dai sequestri in Sardegna diceva che stava bene, anche se era stata in una grotta per mesi. Credo – ipotizza – che abbia cercato di adattarsi alla realtà.  E’ una donna occidentale intelligente, ora dovrà fare i conti con le sue scelte ed elaborarle. Occorre del tempo per far depositare queste cose ed elaborale. 

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