Strasburgo condanna l’Italia per l’Ilva: non ha protetto i cittadini

Strasburgo condanna l'Italia per l'Ilva: non ha protetto i cittadini

Articolo aggiornato e corretto alle ore 15,20.

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per non aver protetto i cittadini di Taranto che vivono nelle aree colpite dalle emissioni tossiche dell’impianto dell’ex Ilva. Secondo i giudici di Strasburgo, c’è stata una violazione del diritto al rispetto della vita privata e alla vita familiare (l’articolo 8 della Convenzione europea sui diritti umani) e del diritto a un rimedio efficace (l’articolo 13 della stessa Convenzione).

La Corte europea dei diritti dell’uomo, che è legata al Consiglio d’Europa di Strasburgo, ha rivelato che la persistenza di una situazione di inquinamento ambientale a Taranto ha messo in pericolo la vita dei ricorrenti e, più in generale, dell’intera popolazione che vive nelle aree a rischio. Secondo i giudici, le autorità italiane non hanno preso tutte le misure necessarie a proteggere il diritto dei ricorrenti al rispetto delle vita privata.

La Corte ha inoltre considerato che ai ricorrenti non è stato garantito un rimedio efficace per sollevare davanti alle autorità italiane il fatto che non fosse possibile ottenere misure per assicurare la decontaminazione delle aree dell’Iva di Taranto.

I ricorsi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo erano stati presentati nel 2013 e nel 2015 da 180 persone che vivono o sono vissute a Taranto o nelle zone vicine. La Corte ha ritenuto che la condanna dell’Italia costituisca in sè una soddisfazione sufficiente per i danni morali, mentre ha ordinato il versamento di 5 mila euro ai ricorrenti per i costi e le spese legali. 

Spiega il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci: “Per le implicazioni delle decisioni assunte a Strasburgo in relazione ai fatti passati, ora non possiamo che affidarci alla magistratura e valutare nel dettaglio le carte”. Ancora: “Da sindaco eletto nel giugno del 2017 ho chiesto prima al ministro Calenda, ormai a fine mandato, poi al vice premier e ministro Di Maio, di lanciare finalmente un pacchetto di norme o un decreto salva Taranto, dopo i numerosi volti principalmente a preservare l’attività produttiva dello stabilimento siderurgico”.

“Di Maio appena insediato, e con in mano la decisione finale sulla definizione della trattativa, ha risposto, purtroppo, con un mortificante silenzio”, sottolinea il sindaco di Taranto. “Ciò detto, ora c’è un interlocutore”, afferma ancora il sindaco Melucci riferendosi all’avvenuto subentro di Arcelor Mittal Italia “con il quale costruire un percorso virtuoso e il Comune di Taranto, con l’aiuto della Regione Puglia e del Governo nazionale, non mancherà di vigilare sulle questioni determinanti per la tutela della salute e dell’ambiente”. 

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