Tutta la verità sull”oro verde’, il pistacchio di Bronte

pistacchio bronte chef rubio

Agf

Raccolta di pistacchi

Il pistacchio di Bronte non può contare lo chef Rubio tra i suoi estimatori. Al contrario, per Gabriele Rubini – questo il vero nome del cuoco di Frascati – il celebre “oro verde” della cittadina della provincia di Catania è una leggenda. “Il pistacchio di Bronte: ci siete mai stati lì? È un buco di paese, come può soddisfare le esigenze di tutto il mondo?”, ha dichiarato in un’intervista al Fatto Quotidiano. “C’è una qualità turca, e altre del Medioriente, che sono stupende, ma tutti appresso a quella leggenda di Bronte”, ha continuato.

Ma allora come fa Bronte, un paese di meno di 19 mila anime, a soddisfare le esigenze di tutto il mondo? Semplicemente, non lo fa. Come si legge sul sito del Consorzio di tutela del pistacchio verde di Bronte D.O.P: “Le piante di pistacchio iniziano a fruttare nei primi cinque e sette anni di età. Tra la fine di agosto e gli inizi di settembre, a Bronte, si producono (un anno sì e uno no) fino a 3.000 tonnellate di pistacchi, che corrispondono all’1% della produzione mondiale”.

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Chef Rubio

Il 2017 (l’ultimo raccolto) però non è stata quella che si dice un’ottima annata: “Abbiamo prodotto 1.270 tonnellate di pistacchio certificato DOP in guscio”, spiegano all’Agi dal Consorzio. Circa l’ottanta per cento del prodotto brontese è esportato all’estero, soprattutto in Europa (nell’ordine Francia, Germania, Svizzera, Stati Uniti, Giappone), il restante 20% trova impiego nell’industria nazionale (il 55% industria delle carni insaccate, il 30% nell’industria dolciaria ed il 15% nell’industria gelatiera, con un rapporto gela­teria industriale/artigianale che potrebbe essere del 60/40%).

Dove e come si coltiva

La zona di produzione del Pistacchio Verde di Bronte DOP interessa i territori comunali di Bronte, Adrano e Biancavilla in provincia di Catania, nella regione Sicilia. Di tutto il territorio brontese (25.000 ettari), sono coltivati a pistacchieti quasi 4.000 ettari di terreno lavico, “con limitatissimo strato arabile e con pendenze scoscese ed accidentate, poco sfruttabile per altre colture”.

La coltivazione dell’Oro Verde è molto faticosa a causa del terreno impervio e scosceso. La raccolta, eseguita rigorosamente a mano per via della natura delicata della pianta, avviene ogni 2 anni, generalmente nel periodo compreso tra il 20 agosto e il 10 ottobre. Il riposo consente agli arbusti del pistacchio di crescere traendo nutrimento dalla terra arricchita dalla cenere dell’Etna.

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Raccolta di pistacchi

“Entro 24 ore dalla raccolta – si legge sul sito Ismea – si effettua la “smallatura”, deve cioè essere eliminato l’involucro coriaceo che ricopre il frutto. Successivamente, i frutti in guscio vengono essiccati al sole o in ambienti dove la temperatura è mantenuta intorno ai 40-50°C, fino ad ottenere semi con umidità residua compresa tra il 4 e il 6%. Parte del prodotto viene inoltre sgusciato e pelato, rimuovendo la pellicola viola-rossastro mediante immersione in acqua bollente, a cui segue l’asciugatura. L’eventuale sgusciatura o pelatura dei pistacchi può essere effettuata meccanicamente. La fase di stoccaggio può durare fino a 24 mesi dopo la raccolta e deve avvenire riponendo i frutti essiccati in sacchi di juta, carta o polietilene.

Perché un prezzo così alto

Il pistacchio sgusciato certificato DOP dell’ultima raccolta viene venduto a 50 euro al chilo.“Purtroppo – spiega il Consorzio – la tipologia del terreno lavico ha sempre impedito l’introduzione di qualsivoglia tipo di meccanizzazione non consentendo di conseguenza l’abbassamento degli elevati costi di produzione. Ancora oggi, le uniche macchine utilizzate in qualche azienda sono il decespugliatore, la motozappa e qualche motopompa di ridotta potenza”. La sporadica raccolta e le avversità atmosferiche possono influire negativamente sul ricavo dei produttori. Nel 2000, ad esempio, per il cattivo tempo è andato perso il 60 per cento del prodotto.

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