“Tutti sapevano della spartizione delle poltrone”, dice Alfonso Sabella

procure alfonso sabella

Agf

Alfonso Sabella

“Tutti conoscevamo il sistema di spartizione delle poltrone. Anche Paolo Borsellino ne fu “vittima”, però le garantisco che la magistratura è tuttora sana, altrimenti la toga l’avrei già buttata”. È un fiume in piena il magistrato Alfonso Sabella, per anni impegnato in Sicilia nella caccia dei latitanti di mafia e divenuto noto per la serie tv Il Cacciatore. “Alcuni anni fa ho capito che da solo non avevo la forza di cambiarlo, non ho trovato grandi sponde e quindi ho deciso di adeguarmi ma per coerenza personale non presento domande per incarichi direttivi o semi-direttivi”, ha detto alla vigilia del ventisettesimo anniversario della Strage di Via d’Amelio, a margine di un incontro organizzato dall’Anm a Marsala (Trapani), la città in cui Borsellino trascorse gli anni precedenti al Maxi processo e quelli immediatamente successivi.

Cosa ne pensa di ciò che sta emergendo dall’indagine della Procura di Perugia?

“Che sapevamo tutto, almeno io sapevo tutto. Ovviamente nessuno di noi poteva immaginare questo rapporto a doppio filo con la politica. Ma la logica di spartizione delle poltrone la conoscevamo tutti, chi dice il contrario mente. Questo sistema si basa sulle correnti, a cui io non sono iscritto pur condividendone lo spirito”.

In questi giorni l’Antimafia ha desecretato le audizioni dell’epoca in cui Borsellino lamentava si essere lasciato solo. Secondo lei c’entra qualcosa questo sistema?

“Ma certo. Quando Paolo Borsellino fu nominato aggiunto a Marsala lo fecero perché era quasi inevitabile. Da aggiunto fu commissariato l’1 luglio 1992, quando doveva andare a interrogare Gaspare Mutolo che intendeva parlare solo con lui. Giovanni Falcone, quando fu nominato aggiunto a Palermo, le malelingue lo collegavano al falso attentato all’Addaura. È stata questa la normalità in magistratura”.

Quando si è reso conto che questo esisteva questo sistema?

“Intorno al 2007 presentai una domanda come sostituto procuratore nazionale Antimafia, quando all’epoca era guidata da c’era Piero Grasso. Mi chiamò un collega, adesso scomparso, dicendomi che non avevo alcuna speranza. Mi disse: non hai nessuna possibilità, fin quando c’erano 7 posti potevi farcela, adesso che saranno 10 sono state mischiate tutte le nomine. Mi disse che due toccavano a Unicost, uno al Movimento per la Giustizia, uno a Md e uno a MIe ne restavano fuori due. Diventando dieci, la divisione sarebbe stata tutta appannaggio delle correnti perdendo anche quei due posti ballerini”.

E poi come finì?

“Non gli ho creduto ma la mia domanda non fu presa neppure in considerazione. Non voglio certo dire che dovevo andare per forza all’Antimafia ma almeno valutatemi. Qualcosina di mafia ne capivo, qualche latitante l’ho arrestato, qualche ergastolo l’ho fatto arrivare. Sono stato uno dei primi a lavorare sui codici Imei dei telefoni cellulari (con l’aiuto della Catturandi di Palermo ndr), sulle investigazioni tecnologiche. A quel punto capì quale fosse la forza di quel sistema”.

Qual’è il costo da pagare per chi resta fuori da queste spartizioni?

“Sono stato uno degli ultimi ad avere i miei diritti. Gli scatti di carriera, se non alzi il telefono non arrivano. Io sono sempre stato tra gli ultimi ad avere gli scatti automatici di carriera. Vuole vedere i messaggini che arrivano quando devono eleggere qualcuno? Sembrano quelli della Dc degli anni Ottanta, quando mi imboscavo nelle cene elettorali per mangiare gratis. Io invece resto un giudice di primo grado e adesso sono a Napoli, senza presentare domande per ruoli direttivi o semi-direttivi”.

procure alfonso sabella

Agf

Alfonso Sabella

Anche per via dell’incarico politico accettato qualche anno fa a Roma

“Il mio incarico mi ha portato soltanto rogne. L’ho fatto perché anche alti vertici della magistratura mi hanno chiesto di farlo. Bisognava evitare che Roma venisse sciolta per mafia. Accettai l’incarico di assessore della legalità da una giunta che era del Pd ma quelli su cui si è sviluppata la mia azione sono stati quelli del Pd. Mi sono macchiato con la politica e adesso per cinque anni sarò a Napoli a fare il giudice. Per dieci mesi ho preso metà dello stipendio che prendevo da magistrato, per otto mesi non ho preso un centesimo perché sono stato fuori ruolo ed ero in attesa di essere ricollocato”.

Secondo lei qual è il bilanciamento tra competenza e rappresentanza nella scelta degli incarichi direttivi delle Procure più importanti?

“I due criteri non si accavallano. Non voglio dire che ai vertici della Procure non ci siano procuratori competenti, anzi nella stragrande maggioranza il Csm ha individuato comunque persone adeguate. Ma il criterio di scelta non è stato quello della migliore competenza, ma quello della lottizzazione delle poltrone. Per esempio ho sentito dire a Piercamillo Davigo che “la differenza tra il magistrato e il politico è che il primo viene scelto per competenza mentre il secondo per rappresentanza”. Bene, questa per me è una corbelleria”.

Secondo lei come se ne esce da un terremoto del genere?

“La magistratura dovrebbe dare un grosso segnale di differenza etica. Il sorteggio è un male incredibile ma forse sarebbe forse l’unico modo trasparente. Perché un magistrato qualsiasi, già tenuto a giudicare sulla vita delle persone, qualora eletti dalla sorte non possano essere in grado di giudicare le progressioni di carriera dei loro colleghi? Anch’io considero aberrante il sorteggio ma potrebbe essere una soluzione in questo momento. Di certo si poteva sciogliere il Csm, senza cene elettorali, senza messaggini, senza “Caro Amico” e senza nessuna promessa. Magari con un aiuto di altre istituzioni, a partire dalla Presidenza della Repubblica”.

Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it.
Se invece volete rivelare informazioni su questa o altre storie, potete scriverci su Italialeaks, piattaforma progettata per contattare la nostra redazione in modo completamente anonimo.

Post simili: