La Procura di Bergamo indaga per omicidio colposo sugli esposti dei parenti 

AGI – La Procura di Bergamo indaga per omicidio colposo in relazione alle denunce presentate il 10 giugno dai familiari delle persone morte per coronavirus che fanno parte  del Comitato ‘Noi denunceremo’.

Stando a quanto apprende l’AGI, è questa l’ipotesi di reato a carico di ignoti da cui si ‘parte’, prevista dall’articolo 589 del codice penale. Solo una ‘traccia’ per un’indagine tutta da svolgere che richiederà lunghi accertamenti e valutazioni caso per caso perché, anche se le storie sembrano seguire tutto un unico filo conduttore – quello legato ai ritardi nelle diagnosi e nelle cure e alla mancata zona rossa – ciascuna vicenda presenta le sue peculiarità.

E non è detto che l’esito delle inchieste sia lo stesso per tutte. “Articolo 589 del codice penale” è la dicitura apposta dalla polizia giudiziaria che si trova nel verbale di ratifica della denuncia presentata dal Consuelo Locati, avvocato e leader, assieme a Luca Fusco, del Comitato nato spontaneamente su Facebook nei giorni più cruenti della pandemia. 

La legale, assieme alla sorella, chiede che venga fatta chiarezza sulla morte del papà Vincenzo avvenuta il 27 marzo alla clinica Humanitas Gavazzeni di Bergamo. Dopo avere accusato diversi sintomi del Covid ed essere stato anche ricoverato e poi dimesso, il 18 marzo arriva la certezza, attraverso una radiografia al torace, che si tratta di polmonite interstiziale. “Non era possibile ricoverarlo – scrivono le sorelle Consuelo e Cassandra Locati nell’esposto – a fronte del fatto che la saturazione non era considerata nei valori critici e, dato il collasso degli ospedali, non sarebbero intervenuti per il ricovero di papà”. Le figlie riescono comunque a recuperare delle bombole di ossigeno e a farsi prescrivere una terapia da un medico amico.

Dopo una grave crisi respiratoria, il signor Vincenzo veniva portato all’Humanitas. “La cartella clinica – si legge nel documento che ha dato il via all’indagine – appalesa che la notte del ricovero e sino al giorno dopo era stato somministrato ossigeno con la Cpap (una sorta di casco, ndr) e papà era nettamente migliorato ma il giorno dopo inspiegabilmente (oppure no) gli veniva lasciata solo la mascherina, insufficiente per aiutarlo a sopravvivere”. Il medico rianimatore decideva poi “in autonomia di non rianimare papà ma di accompagnarlo verso la morte somministrando la morfina”.

L’esposto si conclude, come gli altri depositati, con le accuse la governo e alla Regione Lombardia di non avere chiuso l’ospedale di Alzano Lombardo, non avere istituito la zona rossa in Valle Seriana, non essersi attrezzati per prevenire la diffusione del contagio nonostante l’esperienza cinese e il ‘piano contro la pandemia’ che pure c’era “dal 2006”.

Come già noto, ‘omicidio colposo’ è pure il reato ipotizzato dalla Procura in relazione alle denunce presentate dall’Inail. ‘Epidemia colposa’ è invece l’ipotesi dell’indagine sulla mancata ‘zona rossa’ che ha portato gli inquirenti, guidati dal procuratore aggiunto Maria Cristina Rota, a Roma per sentire come persone informate sui fatti il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e i ministri Roberto Speranza e Luciana Lamorgese.  

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