La scomparsa del compagno di banco

Il secchione, il parassita, il chiacchierone, il fashion blogger, il professorino, l’ansioso, l’addormentato, il suggeritore, il social-dipendente, il maniaco dell’ordine: dieci ne ha classificati, il sito specializzato in scuola e compiti a casa. Ma gli andrà peggio che a highlander: nemmeno uno ne resterà, se si continua così.

Intanto niente ultimo giorno di scuola, quest’anno, e già la cosa è comprensibile ma sadica. Poi niente ripresa delle lezioni a settembre per chi ha finito le medie. E cos’altro si vuole? Niente di niente: tutti a distanza, e pregate che non ricominci il contagio. Altrimenti scatterà un’altra quarantena che quella dell’anno scolastico 2020-21 è stata una passeggiata, al confronto.

Intanto sia chiaro: anche per chi sarà riammesso in classe ci saranno turni ben distribuiti per il bagno, altro che sigaretta di nascosto o fuga dall’interrogazione. Soprattutto, guai a fraternizzare: il nemico non aspetta altro per impossessarsi di te.

Quindi classi piccole, se possibile, e banchi isolati: rigorosamente monoposto e monouso. Come una Ferrari, ad essere ottimisti; come un bicchierino di carta, a guardare in faccia la realtà.

Se la prima vittima della guerra è l’innocenza, la prima vittima del coronavirus è la vicinanza. Principio che, una volta traslato tra le pareti scolastiche, comporta la scomparsa di una delle figure topiche del liceo: il compagno di banco.

Il compagno di banco: fonte di frustrazioni e complicità, alter ego che, in quell’età in cui si va affermando la personalità, serve a tracciare i confini tra il sé e il mondo. Non a caso, solitamente, il primo gesto che si fa è quello di prendere la squadra e dividere a metà il piano di formica: di qui a lì è mio, di lì in là è tuo. Se sgarri, appena quella di fisica gira gli occhi ti ficco la punta del compasso nella gamba.

La Vittima e il Carnefice

Non siamo d’accordo con la classificazione tipologica prima elencata e copiata pari pari dal sito specialistico: ai dieci Idealtypen weberiani di compagno di banco sarebbe bene aggiungerne almeno due (il che farebbe 12, il numero della completezza). Due, dicevamo: la Vittima e il Carnefice. Conosciamo una Vittima che per cinque anni è tornato a casa con i pantaloni arabescati dalla biro del Carnefice.

Ma a difesa del Carnefice bisogna anche rammentare che era capace di improvvisare un balletto e farsi buttare fuori dalla classe, negli ultimi cinque minuti di lezione, per evitare alla Vittima un’interrogazione disastrosa in chimica. Non a caso i due sono rimasti amici, anche se la vita poi li ha separati.

Chi ridarà ai nostri figli questi ricordi che, arrivati soprattutto alla cinquantina, iniziano a riemergere con la loro carica consolatoria dopo un’esistenza in cui ci si è accorti che in fondo il Capo è peggio di quello di religione?

Poveretti, ci auguriamo che il peggio per loro sia passato, e possano ricominciare a incontrarsi presto, prestissimo, magari a settembre. Magari con un compagno di banco dell’opposto sesso, perché anche questo è uno dei ricordi più formativi di una carriera scolastica.

Sostiene ​Camilleri

Lo sostiene pure Andrea Camilleri, che rammentava di aver fatto il classico all’Empedocle di Agrigento. Ci era finito per caso, e per demerito. Non è che avesse voglia di studiare, e lo avevano schiaffato in realtà in un collegio di religiosi. Ma il collegio non aveva insegnanti propri, quindi lui e i suoi compagni la mattina a lezione andavano, per l’appunto, all’Empedocle. Lì c’era un preside che per punirti ti portava di fronte alla statua del filosofo eponimo e, di fronte a tutti, ne mimava la voce cavernosa mentre ti scaracchiava, presocraticamente, sulla testa.

Sarà stato un caso oppure no, ma c’è di che pensare che la cosa fosse fatta apposta dalle laiche autorità liceali, comunque sia il giovane Camilleri finì in una classe mista e con un compagno di banco che si chiamava Giuliana e aveva gli occhi da cerbiatta. Oltre a questo, era scrupolosissima durante i compiti in classe di latino. Lui infatti possedeva un vocabolario che, attaccata alla copertina, aveva una sorta di tasca pieghevole, a contenere un compendio di grammatica.

Il professore lo sapeva e prima della prova se lo faceva dare. Tutto alla luce del sole. Ma verso la fine dell’ora Giuliana era regolarmente presa da scrupoli di carattere lessicale, e si faceva prestare il vocabolario da Andrea, per un raffronto. Guardava, prendeva appunti, restituiva. Tutto alla luce del sole. Andrea tornava al collegio con l’animo del giusto che ha fatto il suo dovere. Un pomeriggio, mentre studiava, analoghi scrupoli lessicali divorarono il preside del collegio di religiosi, che si fece dare il vocabolario dal disponibile Camilleri. Tornò dopo un momento nella sala studio e sulla testa di Andrea, che fino ad allora era riuscito ad evitare gli scaracchi di Empedocle, si abbatterono le papagne di Origene e di tutta la patristica.

L’innocente chiese il perché. Gli furono mostrati, ma non fatti leggere (anzi: furono bruciati di fronte a lui), bigliettini su bigliettini ispirati al meglio dei lirici greci. Giuliana aveva messo a frutto anni di studi meticolosi di brava ragazza. Lui, invece, non si era mai accorto di nulla. Complimenti. Quel giorno per Camilleri finì l’Età dell’Innocenza: Montalbano un errore del genere non lo avrebbe fatto mai. Poi dice che il liceo non serve a nulla.

Lino, Lilli e Alvaro

Ricordo tra i ricordi, quello della compagna del liceo. Ad esso fu anche ispirato un film, molto meno idilliaco, negli anni ’70. Si intitolava giustappunto “La compagna di banco” ed era interpretato da Lino Banfi, Lilli Carati, Alvaro Vitali. Non si aggiunga altro. Però è legittimo immaginare che quella pellicola, così ridanciana e cochon, riflettesse in qualche modo un mondo, se è vero che, allo scoppiare del Sexgate che tra un po’ costava la Casa Bianca a Bill Clinton, un Francesco Cossiga dalla memoria proverbialmente lunga definì prontamente Monica Lewinsky “la compagna di classe porcellona che tutti abbiamo avuto”.

Non tutto è perduto

Sì, perché mica è detto che il compagno di banco sia per forza qualcuno di cui ricordarsi volentieri. La vita non è il libro Cuore, esistono anche i Franti. Giampaolo Pansa, ad esempio, aveva cosi’ in antipatia Giulio Tremonti da definirlo una volta “uno con la faccia del compagno di banco che non passa mai il compito”. Ecco che abbiamo trovato il tredicesimo idealtipo weberiano. La definizione ultima di esso la lasciamo alla libera interpretazione dei singoli.

Molto più piacevole il ricordo di Stephen King in “Stand by Me”, un po’ sdolcinato quello di Pupi Avati in “Una gita scolastica”. Il piu’ bello in assoluto – e di bellezza autentica si tratta – “L’amico ritrovato” di Fred Uhlman, dove si dimostra che il compagno di banco è a noi uguale e speculare, opposto e simbiotico. Doppelgaenger e gemello diverso.

Ne scrivi in uno dei tuoi primi temi delle elementari (“Descrivi il tuo compagno di banco”) finisci per scriverne ancora anni e anni dopo, magari sotto la dettatura di un altro maestro. Per finire un’ultima citazione cinematografica: “L’appartamento spagnolo”. Cosa c’entra? Quello è sull’Erasmus. C’entra, c’entra. Perché la vita continua, e talvolta restituisce quello che si è ingiustamente presa. Magari non al liceo, ma all’università. Un po’ più tardi, vero, ma in fondo il discorso è uguale. Anche un appartamento può essere diviso a metà con il righello. Anche in un appartamento ci si può innamorare di una bella ragazza che studia i lirici greci. Coraggio, quindi, niente è perduto. Alla faccia del virus.

Post simili: