Per l’avvocato i rapporti tra Fontana e il cognato non sono buoni. Ma per i pm erano d’accordo sui camici

AGI –  “I rapporti tra i due? Adesso sono un po’ scazzati”. Lasciando lo studio dei magistrati milanesi dopo quello che definisce “un ampio scambio di vedute”, Jacopo Pensa, l’avvocato di Attilio Fontana, utilizza un’espressione colorita per fotografare la relazione tra il suo assistito e il cognato Andrea Dini. 

Il legale del presidente indagato per ‘frode in pubbliche forniture’ non nasconde gli strascichi del  ‘pasticcio’ di famiglia che emerge dall’inchiesta della procura di Milano sui 75mila camici commissionati dalla Regione a Dama, l’azienda di Dini, partecipata anche dalla consorte del leghista. Ed è molto netto nell’individuare le responsabilità dell’operazione’: “Chi non ha rispettato il contratto è il cognato di Fontana, che ha consegnato tramite una donazione solo 50mila su 75mila camici, non certo il presidente che non ha danneggiato nessuno.

In questa lettura difensiva, Fontana sarebbe stato all’oscuro dell’intenzione di Dini di non consegnare i 25mila camici  promessi dalla Dama alla Regione. Quelli che poi tentò di rivendere a un prezzo maggiorato rispetto a quanto previsto nel contratto con Aria a una casa di cura in provincia di Varese, che non volle però concludere l’affare. Su questo Pensa si mostra indulgente: “Ha fatto i suoi calcoli da imprenditore, ne aveva già donati 50mila, sul resto voleva guadagnare”.

I camici promessi e non mantenuti ai cittadini lombardi mentre dilagava l’epidemia rappresenterebbero il “danno” alla controparte, in questo caso la Regione, un elemento richiesto dal reato di ‘frode in pubbliche forniture’, di cui sono accusati Fontana e cognato.

Fonti della procura confermano invece che fu “una scelta condivisa” da Fontana quella del cognato di non completare la fornitura, come dimostra anche il fatto che si sentì in dovere di ricompensarlo per il guadagno perso. Di certo il 19 maggio (il giorno prima della rinuncia di Dini ai pagamenti della Regione), Fontana ordina all’’Unione fiduciaria’ di bonificare 250mila euro alla società del cognato di cui si è fatto fornire l’Iban dalla dirigenza di Aria spa. E se si decise di procedere a una donazione, fu, è la teoria dei pm, “per evitare danni reputazionali” dopo che la trasmissione Report parlò del caso.  

Oltre all’esponente della Lega e a Dini sono indagati anche l’ex direttore generale di Aria, Filippo Bongiovanni e la responsabile dell’ufficio gare, Carmen Schweig. “La difesa di Fontana ricalca quella di oggi in consiglio regionale”, ha detto Pensa spiegando che Bongiovanni “non sapeva che Dama fosse un’azienda legata a Fontana. È un tecnico e per lui Dama era una delle tante. Quando viene a sapere che Dama è la stessa azienda di Paul&Shark, ha subito informato Fontana per evitare situazioni di imbarazzo. E Fontana ha disposto subito la revoca del pagamento”. Questo e altro scriverà Pensa in una memoria che sarà depositata a settembre “quando decideremo se sarà utile farsi sentire o se basteranno le carte difensive. Ci sono forti dubbi in fatto e in diritto sulla ricostruzione della vicenda da parte della procura. È tutto molto fumoso e nebuloso”.

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